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Liste di attesa ancora lunghe per i pazienti in attesa di trapianto

Incrementare l'attività di donazione da vivente rimane uno degli obiettivi dei medici dell'Ospedali di Circolo e Fondazione Macchi di Varese. Il convegno di venerdì 24 ottobre servirà a sensibilizzare sul tema

«Nonostante il costante e significativo incremento del numero di donatori registrato il Italia negli ultimi anni, la possibilità di soddisfare le richieste di trapianto di rene cuore, polmone e fegato da donatore vivente rimane insufficiente e la lista d’attesa è lunga. La cultura del trapianto è ancora in gran parte sconosciuta. C’è bisogno di sensibilizzare l’opinione pubblica verso un’esigenza che riguarda più persone di quante crediamo». Queste le parole del direttore del Dipartimento Trapianti dell’Ospedale di Circolo e Fondazione Macchi, Paolo Grossi, che, in vista del convegno di venerdì 24 ottobre, ha voluto sottolineare l’importanza di una attività che richiede sforzi organizzativi e la conoscenza di protocolli di necessità etica e pratica. Il trapianto da donatore vivente rappresenta un’ulteriore possibilità che è estremamente diffusa in molti paesi europei ma che vede l’Italia ancora agli ultimi posti. Le liste di attesa del nostro paese, al 31 dicembre 2013, hanno evidenziato 8828 pazienti in lista di attesa, di cui 6707 per il trapianto di rene, 1001 per quello di fegato, 696 di cuore, 360 di polmone, 201 di pancreas e 26 di intestino. 

Regolata dalla Legge 458 del 26 giugno 1967 che consente la donazione solo a familiari consanguinei, con eventuale donazione a soggetti non consanguinei nel caso in cui il candidato ricevente non abbia congiunti dello stesso sangue disponibili o idonei al momento, l’attività di trapianto da donatore vivente richiede la disponibilità di sale, attrezzature e personale che operino in contemporanea e sinergia per espiantare l’organo dal donatore, mantenerlo in vita e impiantarlo subito al ricevente. La stessa normativa italiana prevede anche che la donazione non dia luogo a compensi diretti, indiretti o benefici di qualsiasi altra natura, garantendo l’assenza di una eventuale mercificazione e/o commercio di organi vitali.  

«È una attività, questa, che risponde a problemi di tipo etico, organizzativo e di sicurezza legislativa, ma no solo. Per il chirurgo costituisce una vera e propria sfida perché significa andare a ledere un paziente sano per cercare di salvare la vita ad un altro, impegnandosi per la sopravvivenza di entrambi. In una situazione sanitaria globale la vera preoccupazione è questa: trovarsi di fronte a persone vive e alle loro scelte». Il direttore dell’Unità Operativa di Chirurgia vascolare, Patrizio Castelli, ha evidenziato come l’aspetto educativo, insieme a quello del rispetto di protocolli, accompagni la professione del medico chirurgo anche in queste occasioni, dove lo specialista non si ferma soltanto all’atto pratico dell’operazione ma è coinvolto con tutta la sua persona. 

Insieme a Patrizio Castelli, anche il professor Giulio Carcano, responsabile dell’Unità semplice dei Trapianti, si è detto soddisfatto di come l’Ospedale di Varese abbia recepito le indicazioni e cerchi di spingere la cultura del trapianto da donatori viventi, ricordando, però, che sono ancora molti i casi in cui ad influire sulla scelta del donatore sono i retaggi di tipo culturale: «In molti paesi, e talvolta in parte anche in Italia, la decisione di non sottoporsi a donazione di organi dipende da fattori culturali, che vedono nel rispetto e nella veglia della salma la risposta negativa all’operazione. Abbiamo ancora percentuali di rifiuti di potenziali donatori pari al 25% nel Nord Italia, al centro del 50% con picchi del 75% in alcune zone del sud. Questo è espressione di problematiche non solo legate a scelte culturali, ma anche a dinamiche di sfiducia del cittadino nei confronti del sistema. Un’atteggiamento di ostilità molto comune nelle persone porta addirittura molto spesso i pazienti a chiedere più quale sia il rischio della cura che quello della malattia». 

Nell’attività di donazione da donatore vivente non deve inoltre essere dimenticato anche il ruolo fondamentale giocato da specialisti che intervengono a creare un rapporto con i familiari nel caso in cui il donatore deceda durante l’operazione: è compito loro autorizzare il consenso alla donazione; per l’Ospedale di Circolo e Fondazione Macchi è Maretti Daniela, coordinatrice per il Nord Italia di Transplant, ad assolvere a questa funzione. 

Il Direttore Generale dell’Ospedale di Circolo, Callisto Bravi, ha confermato l’impegno nel voler mantenere alte le performances dell’azienda, garantendo la disponibilità di attrezzature, sale e medici chirurghi di competenza, ricordando che attualmente a Varese vengono effettuate soltanto operazioni di trapianto di rene o rene-pancreas. Qui l’attività di trapianto renale da donatore vivente ha avuto inizio nel 2008 e ad oggi sono stati effettuati complessivamente 17 trapianti con sopravvivenza del 100% di organi e pazienti. 

Il convegno di venerdì 24 ottobre approfondirà l’argomento del trapianto di rene da donatore vivente, affrontando questioni come la tipizzazione di donatore ricevente, lo screening infettivologico di donatore e ricecente con riferimento a infezioni virali, batteriche, fungine e protozoarie che possono precludere la donazione. Dato lo scarso numero, pari al 10%, di trapianti da donatori viventi eseguiti in Italia ogni anno, dovuto alla scarsità di informazioni disponibili per i pazienti affetti da insufficienza renale cronica, l’incontro vuole  essere strumento informativo e di sensibilizzazione del personale sanitario e dei cittadini nei confronti di un’attività in grado di garantire ottimi risultati con minime percentuali di rischio per i donatori.   

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 23 Ottobre 2014
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