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Garanzia Giovani: cosa ne pensano le imprese?
Un sondaggio di Confartigianato Imprese Varese interroga le imprese sul piano lanciato dall'Unione Europea per combattere la disoccupazione giovanile. Su 200 imprese 57 pensano di utilizzarla
Cosa pensano le imprese di Garanzia Giovani, il programma lanciato dalla Commissione europea a gennaio 2014 per rilanciare l’occupazione giovanile? Per capirlo Confartigianato Imprese Varese (in foto da sinistra, il presidente Davide Galli e il direttore Mauro Colombo)ha lanciato un sondaggio tra i propri associati a cui hanno risposto circa 200 aziende del territorio.
Di queste circa l’81% è attivo nel manifatturiero mentre il restante 19% nei servizi a persone e imprese. Dai risultati eleborati negli uffici di Viale Milano, il 58% degli intervistati sa cosa è e quali sono gli obiettivi di Garanzia Giovani e il 42% non la conosce. Solo il 27% del campione pensa di utilizzarla in futuro.
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Le ragioni manifestate dagli imprenditori sono chiare:
– il 23% preferisce tenersi in azienda i lavoratori più anziani e con più esperienza,
– un altro 23% pensa che la Garanzia “non è chiara e non sa come funziona”,
– il restante 15% non la considera una valida soluzione al problema della disoccupazione giovanile.
Da maggio a ottobre 2014, solo il 4% delle 200 imprese ha assunto un giovane:
– il 12% lo ha fatto con il contratto di apprendistato professionalizzante,
– il 4% utilizzando il tirocinio.
Il restante 96% si divide tra un 54% possibilista (un giovane lo vorrebbe anche assumere) e un 42% che, invece, scarta a priori questa possibilità.
Ma cosa impedisce alle imprese di assumere giovani lavoratori?
– Il 69% dice la crisi economica
– Il 27% la mancanza di tempo per poter affiancare il giovane
– Un altro 27% la burocrazia nelle forme contrattuali
– Il 19% l’inesperienza del giovane.
Il 62% delle imprese occupa da 1 a 3 giovani e l’intenzione di assumerne ancora non manca.
Certo è, fanno sapere le imprese, che se a cambiare devono essere le aziende, anche il mercato del lavoro deve fare la sua parte. E’ per questo che per poter affrontare di petto la disoccupazione giovanile le 200 imprese propongono ricette semplici ma incisive:
– il 35% del campione chiede più flessibilità in entrata e in uscita,
– il 19% sceglie l’alternanza scuola / lavoro,
– un 15% è per il potenziamento / snellimento dell’apprendistato,
– un altro 15% per una maggiore collaborazione tra imprese, scuole, associazioni di categoria, università e centri per l’impiego,
– il 12% si divide tra il rilancio e la riqualificazione delle scuole tecniche, la mappatura delle competenze professionali che servono alle aziende e il sostegno alla creazione di start up.
«Il 73% delle 200 imprese sa che “Garanzia Giovani” offre bonus occupazionali che possono arrivare anche fino a 6mila euro – dichiara Davide Galli, presidente di Confartigianato Varese – ma l’incentivo economico non può bastare di fronte ad una situazione ingessata. Il problema della disoccupazione giovanile è ormai un problema strutturale che deve essere affrontato con azioni decisive, perché è facile capire che non si può dare occupazione se le imprese non hanno ordini da evadere. Per farlo si deve aumentare la fetta di mercato già disponibile, oppure creare un mercato nuovo privatizzando e liberalizzando. Si devono aumentare competitività e produttività spingendo sull’acceleratore dell’innovazione, sull’abbassamento della tassazione, dei costi dell’energia e del lavoro, su come dare credito, sulla burocrazia che alza il livello dei costi sulle imprese. Oggi, purtroppo, ci troviamo in una “trappola” che è fatta di investimenti “zero” (o quasi) e di esigenze di liquidità sul breve periodo per pagamenti di clienti e fornitori. Le scelte, allora, devono essere prima di tutto strutturali: un’impresa prende un giovane se ne ha bisogno e se può assicurargli un futuro. E prende un giovane, se il panorama economico è in grado di generare fiducia e speranza.
Con questo non vogliamo dire che la Garanzia Giovani non serva. Anzi, queste sono misure che si debbono fare per investire sul domani, ma sono le nostre generazioni a dover ricostruire con responsabilità un’economia sana da consegnare a chi verrà dopo di noi. Con un obiettivo in testa: non solo occupare posti di lavoro vacanti ma crearne di nuovi; non solo dare occupabilità, ma occupazione».
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