Epatite C: l’ospedale di Varese prescrive i farmaci antivirali
La Regione ha inserito il Circolo tra i centri che possono dispensare i nuovi medicinali che hanno un'efficacia superiore del 90% nella cura della malattia
L’Ospedale di Circolo di Varese è stato inserito da Regione Lombardia tra i centri che possono prescrivere e dispensare i nuovissimi farmaci antivirali ad azione diretta per la cura dell’epatite C, ovviamente nel pieno rispetto delle regole (e dei limiti) fissati in proposito da AIFA, l’Agenzia nazionale del farmaco.
Condizione necessaria ma non sufficiente per entrare nel novero di questi centri è l’esistenza di almeno una struttura di Gastroenterologia o di Malattie infettive, che al Circolo sono compresenti – la prima diretta dal dott. Sergio Segato, la seconda dal prof. Paolo Grossi – e particolarmente collaboranti sul fronte della malattie del fegato.
Sinteticamente definiti DAA, Direct Acting Antivirals, i nuovi farmaci hanno un’efficacia superiore al 90 % nella cura dell’epatite C, con un’ottima tollerabilità. Si tratta di un passo avanti senza precedenti nella lotta contro il virus più pericoloso per il fegato. Fino al 2012, infatti, l’unica terapia esistente contro l’epatite C era quella a base di interferone, finalizzata a potenziare il sistema immunitario al fine di sconfiggere il virus HCV. La guarigione però avveniva solo in circa la metà dei casi trattati, e dopo una terapia lunga un anno ed in genere scarsamente tollerata. La prospettiva ha iniziato a cambiare tra il 2012 e il 2013, con i nuovi farmaci inibitori delle proteasi. Il successo di questa terapia, che prevedeva comunque l’utilizzo dell’inteferone, si raggiungeva in circa l’80 % dei casi, a fronte peraltro di un incremento degli effetti collaterali.
Ora la svolta decisiva: «I nuovi farmaci a disposizione sono davvero rivoluzionari sia come efficacia, sia come tollerabilità» riconoscono Segato e Grossi, a cui compete la prescrizione delle terapie.
In base alle stringenti regole stabilite da AIFA questi nuovi farmaci al momento possono essere somministrati solo ai pazienti con patologia epatica in stadio avanzato, che a Varese sono un centinaio, su un totale di circa mille pazienti affetti da epatite C e seguiti dalla Gastroenterologia o dalle Malattie infettive.
«Poiché il costo di tali nuove terapie è particolarmente elevato – spiega il prof. Grossi – non sarà possibile in questa fase trattare tutti i pazienti con infezione da virus C dell’epatite ma poiché nel corso dell’anno altre molecole verranno registrate si spera che dal prossimo anno il costo possa essere significativamente ridotto al fine di consentire l’offerta del trattamento non solo ai pazienti più gravi, che non possono attendere, ma anche ad altri con forme meno gravi di malattia».
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