Omicidio al motel, la difesa: “Ergastolo vendetta contro il maschio”

L'avvocato Lepre, che difende Andrea Pizzocolo, ha definito così la richiesta di pena dell'accusa per l'omicidio di Simona Lavinia Ailoaiei, soffocata e violentata da morta mentre l'assassino la riprendeva

vincenzo lepre processo pizzocolo

L’arringa finale dell’avvocato Vincenzo Lepre (a destra nella foto) è durata quasi 4 ore. Oltre 200 minuti per convincere i giudici della Corte d’Assise che il suo assistito non merita l’ergastolo e spiegare che Andrea Pizzocolo, l’assassino di Simona Lavinia Aiolaiei trovata morta in un campo di San Martino in Strada nel settembre 2013, non voleva ucciderla. Che l’abbia fatto, riprendendo tutto con le sue telecamere che hanno ripreso anche i dettagli, è pacifico ma il ragioniere di Arese – secondo l’avvocato – era parzialmente incapace di intendere e volere a causa delle droghe che aveva assunto e non è stato capace di gestire un gioco pericoloso che entrambi volevano. Lepre si sofferma su alcuni elementi che dovrebbero far capire la mancanza di una volontà omicida e di premeditazione: «Che senso avrebbe avuto chiedere lo sconto a Simona e scegliere la camera che costa meno se voleva ucciderla? Perchè sceglie un posto che non conosce per commettere un omicidio? A casa sarebbe stato più comodo, visto che ne aveva la possibilità».

Lepre contesta la requisitoria del pm Raffaella Zappatini che aveva chiesto l’ergastolo e 18 mesi di isolamento per l’imputato sottolineando «l’approccio vendicativoin funzione anti-maschi» nei confronti del suo assistito e anche le conclusioni della parte civile Tiziana Bertoli sottolineando «inaudita la decisione di quantificare la pena, in barba ad ogni regola deontologica». Contesta anche la scelta di chiedere l’ergastolo «una pena ormai considerata incivile in gran parte dei sistemi giudiziari avanzati» è un «ammazzare senza uccidere, una tortura che umilia la giustizia, una presunzione di chi pensa che una persona non possa cambiare mai»

Rivolgendosi agli uomini della giuria popolare ha sottolineato: «Siamo di fronte ad un morto di sesso femminile e si deve dare una lezione al maschio, attenti maschietti della giuria popolare». Critica fortemente la perizia del dottor Nicola Poloni giudicandola superficiale e schiacciata sulla tesi dell’accusa, basata su quanto dicono i medici del carcere che «non sono come i medici di un ospedale, con tutto il rispetto – dice – personalmente ho visto uscire due detenuti in orizzontale negli ultimi 16 mesi».

E poi si concentra sui reati di sequestro di persona e violenza nei confronti della seconda prostituta vittima del ragioniere di Arese: «La Kazan ha fatto urlare al serial killer, ha mentito per andare sui giornali e ottenere forse qualche soldo – ha detto – ha fornito una versione del tutto inventata del suo incontro con Pizzocolo». Infine Lepre prova a smontare una ad una le aggravanti contestate dal pubblico ministero nel corso della sua requisitoria chiedendo, alla fine, una pena che non sia frutto della vendetta ma del bisogno di giustizia tenendo in conto la parziale incapacità di intendere e volere, l’esclusione di tutte le aggravanti e l’accoglimento delle attenuanti generiche; chiede, infine, l’assoluzione per i reati contestati nei confronti della Kazan.
Fissata per il 27 marzo l’ultima udienza con le repliche delle parti e la sentenza.

Orlando Mastrillo
orlando.mastrillo@varesenews.it

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Pubblicato il 20 Marzo 2015
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