Florina e Dario Fo sul palco: “In Italia tanti Ion Cazacu”
Presentato al teatro del Popolo il libro "Bruciato vivo" sulla storia di Ion Cazacu, l'operaio ucciso dal suo datore di lavoro nel 2000 e scritto dalla figlia e dal premio Nobel
C’era la sala del teatro del Popolo piena per ascoltare Dario Fo e Florina Cazacu, insieme sul palco per presentare il libro “Bruciato vivo” (qui l’intervista a Florina), la storia di Ion Cazacu, l’operaio edile ucciso dal suo datore di lavoro nel 2000 a Gallarate. La presentazione è stata organizzata dalla Fillea Cgil ed è stata introdotta da Flavio Nossa, segretario provinciale del sindacato dei lavoratori edili: «Non dobbiamo dimenticare perchè questo non si ripeta» – ha detto. Ad introdurre Florina Cazacu, figlia di Ion che ha voluto fortemente questo libro, è stato proprio il premio Nobel per la letteratura alternando momenti di lettura di alcune pagine del libro a riflessioni.
Fo ha ripercorso la vicenda di Ion, raccontando il terribile omicidio all’interno della casa di via Pietro Micca dove aveva incontrato Cosimo Iannece, il suo carnefice, per chiedere lo stipendio. Florina ha, invece, parlato della sua lotta per ottenere giustizia, una lotta che si è conclusa con una pena di soli 10 anni per Iannece: «Ho perso la fiducia che avevo nella giustizia ma non negli italiani, in tanti mi hanno aiutato in questi anni e li ringrazio tutti» – ha detto per poi rivolgersi a suo padre: «Mi hanno detto che sei qui anche se non ti vedo – e ha concluso – preferisco averti perso piuttosto che essere figlia di un assassino». 
Parole dure alle quali Dario Fo ha aggiunto altri dati, altre vicende che raccontano il fenomeno del caporalato dei Sikh a Roma dove «queste persone si drogano per lavorare 12 ore al giorno e ottenere solo 25 euro al giorno». Nel libro si parla anche dell’inchiesta del Procura di Busto Arsizio su una maxifrode fiscale da parte di un’impresa di Gallarate che era arrivata a coinvolgere 1400 lavoratori irregolari, in gran parte stranieri. «Ogni volta ci raccontano che non si può generalizzare, che noi italiani siamo accoglienti e che c’è sempre qualche mela marcia, un ritornello che ci assolve sempre ma che non cambia la sostanza». Di storie come quella di Ion, nel nostro Paese, ce n’è tante, senza voce e senza volto.
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