Edmondo Dobrzanski: la luce interiore che viene dal nero
Al Museo Arte Contemporanea Ticino una mostra vuole omaggiate Mario Matasci di Tenero attraverso una selezione di opere provenienti dalla sua collezione tra cui le opere dell’artista svizzero
Al MACT/CACT Arte Contemporanea Ticino di Bellinzona, è in corso fino al 9 agosto, un’esposizione intitolata “Angolazioni 1” che vuole omaggiare il collezionista Mario Matasci di Tenero (Ch) attraverso una selezione di opere provenienti dal suo “Deposito”. Tre gli autori di livello internazionale: gli svizzeri Varlin (1900-1977) e Edmondo Dobrzanski (1914-1997), ma anche il lecchese Ennio Morlotti (1910,1992).
Tra gli artisti presentati Dobrzanski il più interessante dei tre, almeno stando a quanto è possibile vedere a Bellinzona, forse per la sua vita tormentata, forse per questa sua ricerca ben riuscita della luce pittorica pur essendo egli, per sua stessa ammissione, un artista che mette “il timbro nero di fondo come fulcro di tutto”. I tre sono d’altra parte ben abbinati perché l’artista di Zugo ha un debito artistico nei confronti di Varlin ed ebbe in vita una frequentazione giovanile con Morlotti, ai tempi dell’Accademia di Brera.
Importante riferimento bibliografico per questo pittore è il catalogo che porta il suo nome pubblicato dai Servizi Culturali della Città di Locarno nel 2007, in occasione del decennale dalla scomparsa, quando sia la Pinacoteca Casa Rusca di Locarno che il Museo Epper di Ascona gli dedicarono una mostra, poi bissata nel 2008, per volontà di Vittorio Sgarbi, da un’altra nelle Sale Viscontee del Castello Sforzesco di Milano.
Dobrzanski non amò mai parlare di pittura, lui che fu capace nei periodi di massima intesità del suo lavoro, negli anni Sessanta, di produrre anche ottanta opere, come avvenne ad esempio nel 1962. Non ebbe mai il desiderio di spiegare la sua arte e per lui sono particolarmente valide le parole del poeta boemo Rilke, che Virgilio Gilardoni ha ricordato in uno dei suoi scritti dedicati all’artista svizzero: “Le opere d’arte sono di un’indicibile solitudine e nulla le può raggiungere poco quanto la critica. Solo l’amore le può abbracciare e ricordarsi di essere giusto con esse”.
Di grande interesse il percorso, soprattutto a proposito dei temi della figura e del paesaggio, che sono presenti a Bellinzona in opere come “Il cameriere”(1953) o “Paesaggio sull’autostrada”(1962), ma che sono soprattutto centrali in tutta l’opera dell’artista zughese. E’ stato scritto che la pittura di Dobrzanski, prima di diventare autonoma, è figlia dell’espressionismo tedesco, del Die Brücke fondato a Dresda da Kirchner nel 1905 e, attraverso molti rivoli, figlia anche di Nolde e di Varlin.
Piero Del Giudice ha fatto però notare che per comprendere il paesaggio del pieno Dobrzanski bisogna osservare Cézanne, e questo perché la luce del pittore, per sua stessa piena ammissione, non è una luce ‘esterna’, è una luce ‘interiore’, costruita attraverso il sapiente utilizzo dei colori e del reticolo costituito dalle pennellate orizzontali e verticali. Una luce che viene dalla struttura dell’immagine, non dall’esterno del dipinto.
In maniera similare si può ragionare per le figure degli anni Cinquanta e Sessanta, al cui gruppo appartengono sia “Il cameriere” esposto nella capitale ticinese, sia altre importanti tele: “L’avvocato”, “Il bevitore” e soprattutto “Il cieco”(1950).
A proposito dell’esecuzione di quest’ultima opera, che ha uno sfondo completamente nero, esiste un aneddoto; nonostante di principio Dobrzanski fosse contrario all’utilizzo di modelli, venne invitato più volte nello studio di Bellinzona il signor Giacomino, pianista cieco con il viso scarno e le mani a penzoloni. La tela venne inizialmente dipinta come un buon quadro d’ambiente, comprendente oggetti sullo sfondo, ma presto l’artista si rese conto di desiderare una figura la cui luce occupasse completamente lo spazio pittorico. Cancellò dunque completamente lo sfondo, creando in questo modo una figura spettrale, ma estremamente espressiva, che domina la tela.
Nella produzione più generale dell’artista possiamo segnalare “Residui di guerra a Royan” (1956), un paesaggio dove il colore accende l’emozione, ed infine “Adolescente”(1961), tela questa che ritrae presumibilmente una prostituta.
Antonio di Biase
MACT/CACT Arte Contemporanea Ticino
via Tamaro 3 – Bellinzona (Svizzera)
Fino al 9 agosto 2015
Orari: venerdì, sabato, domenica : dalle 14 alle 18
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