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Bollette più leggere? Si può grazie ai “dottori” dell’energia
Più della metà della spesa per energia elettrica è rappresentata da tasse e oneri che non dipendono dal costo della materia prima. Migliorare l'efficienza diventa determinante per non perdere competitività
Ve lo sarete chiesti almeno una volta: perché anche quando il costo dell’energia cala, il conto a fine mese non cambia? La risposta sta in un paradosso tutto italiano, dovuto alle componenti tariffarie e fiscali che, insieme al prezzo della materia prima, vanno a determinare la spesa nelle bollette di famiglie e aziende. Ma mentre per alleggerire il bilancio famigliare è sufficiente qualche piccolo accorgimento, per far risparmiare un’azienda, e un’industria in particolare, purtroppo non basta “cambiare le lampadine”.
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«Eppure risparmiare sull’energia si può» assicura Fabio Tarocco, responsabile di Spi Power, la divisione operativa sul fronte dell’energia della società di servizi alle imprese dell’Unione industriali di Varese, Spi (Servizi e promozioni industriali Srl).
«Il nostro consiglio – prosegue l’esperto – è quello di individuare, attraverso una diagnosi energetica, tutti gli interventi efficaci e soprattutto adeguati alla propria realtà aziendale. Sappiamo che le nostre imprese si trovano a dover sostenere costi energetici molto elevati, tra i più cari d’Europa, proprio perché sul prezzo finale, il costo puro dei consumi di energia pesa meno della metà. Più del 60 per cento del costo finale è dato dal pagamento di tasse e oneri generali di sistema (grafico), vale a dire costi che vengono caricati in bolletta per remunerare i servizi di carattere generale. Per non perdere competitività le nostre imprese hanno una sola strada: quella di migliorare l’efficienza e consumare meno».
GRAFICO – Tutte le componenti del costo finale:
![Spi Power - Energia elettrica Spi](https://staging.varesenews.it/photogallery_new/images/2015/09/spi-power-energia-elettrica-spi-484470.610x431.jpg)
È meglio scegliere le fonti tradizionali o le rinnovabili? Optare per un’illuminazione LED o adottare gli inverter? Come per tutti i rimedi, affinché funzionino, occorre partire da corrette diagnosi. E proprio di questo si tratta: «Per alcune categorie di imprese manifatturiere, comunemente definite “energivore” la diagnosi energetica rappresenta un obbligo di legge, per altre non lo è, ma è comunque una pratica che funziona e gli imprenditori che hanno scelto di effettuarla ne hanno potuto apprezzare i benefici» prosegue Tarocco. «Stando alla nostra esperienza chi si sottopone a questo “esame” ottiene sempre un valore aggiunto che si traduce in minori consumi di energia e di conseguenza in risparmi economici».
Ma in che cosa consiste una diagnosi energetica e chi la effettua? «L’obiettivo di fondo è quello di individuare gli interventi che permetteranno all’impresa di consumare meno e meglio. Per farlo i nostri tecnici provvedono per prima cosa a mappare i centri di consumo. In altre parole si va a fotografare lo stato dell’arte e delle tecnologie per capire che cosa si può fare per migliorare la situazione, ponderandone costi di investimento, complessità di implementazione e benefici attesi e si propongono più soluzioni».
Un buon investimento è frutto dunque di un’analisi personalizzata: «Tutte le nostre diagnosi lo sono. Limitarsi a seguire i consigli dei fornitori, piuttosto che imitare le soluzioni adottate da altri può risultare inutile e in alcuni casi controproducente. Spi Power non è un fornitore di una determinata tecnologia e il suo interesse coincide con quello aziendale. Degli investimenti sui sistemi di illuminazione, piuttosto che sui recuperi termici possono avere effetti diversi e anche ripagarsi in tempi diversi a seconda del contesto in cui vengono effettuati». Secondo gli esperti di Spi Power, una maggiore sensibilità rispetto a questo tema potrebbe avere un notevole impatto sull’economia e sostenere la competitività dei diversi comparti. «Parlando di numeri – conclude Tarocco – abbiamo stimato che sarebbe possibile recuperare cifre importanti, più precisamente tra i 50 e i 70 milioni di euro all’anno soltanto in provincia di Varese».
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