Castanicoltori varesini e kosovari a confronto
Un gruppo di castanicoltori del Kosovo ha fatto visita ai colleghi del Consorzio di Brinzio, Orino e Castello Cabiaglio
Due realtà agricole e produttive solo apparentemente lontane si sono incontrate e messe a confronto oggi alla Rasa di Varese. L’una italiana e l’altra kosovara.
Una delegazione di castanicoltori del Kosovo, in visita in questi giorni ad Expo, nelle scorse settimane aveva chiesto alla Regione Lombardia di poter entrare in contatto con una realtà analoga del mondo agricolo italiano, e l’Assessorato Agricoltura e Foreste della Regione Lombardia ha girato l’invito al Consorzio castanicoltori che ha sede alla Rasa e che coinvolge i tre comuni di Brinzio, Orino e Castello Cabiaglio.
Questa mattina, l’incontro. A dare il benvenuto è stato il coordinatore Consorzio, Luca Colombo, che ha raccontato ai colleghi kosovari la storia e gli obiettivi del progetto varesino: “Ci occupiamo di castanicoltura da cinque anni; nasciamo a fine ottobre del 2009, anche se in realtà questo è il primo anno di attività piena, perché nel 2010 a Varese è approdato il cinipide, un insetto che punge la gemma del castagno bloccandone la vegetazione. Il cinipide in Italia è arrivato nel 2002 a Varese nel 2010. E vuol dire zero produzione per quattro anni e dunque questo è il primo anno in cui abbiamo potuto effettivamente avere un raccolto significativo”.
Un problema che nei boschi del Kosovo è al momento sconosciuto. “Per il momento non abbiamo ancora dovuto fare i conti con questo parassita – ha spiegato il portavoce della delegazione, aiutato da un interprete – Abbiamo un altro tipo di malattia del castagno, confinata solo in alcuni luoghi ma che persiste da trentacinque anni”.
I coltivatori che hanno fatto visita a Varese fanno parte del Consorzio Unique che si trova appunto nel comune di Unique, al confine con l’Albania e il Montenegro. Due le filiere del Consorzio: una produce frutti di bosco e mirtilli, l’altra mele e castagne. “Tutto quello che il nostro territorio offre viene coltivato e trasformato – hanno spiegato – e le nostre piantagioni si estendono su circa 4mila ettari”.
Un’estensione immensa se messa a paragone con le terre del Consorzio varesino, di soli 20 ettari, in parte bosco e in parte selva. Massimo Raimondi, dottore agronomo e tecnico del Consorzio ha spiegato agli ospiti la differenza: “La selva è una sorta di boutique. Fino alla seconda guerra mondiale qui non esisteva il bosco ma era tutto pascolato. Il Parco del Campo dei Fiori così come tutta la fascia altimetrica delle Prealpi era adibita a castagneto. Con l’avvento dell’industrializzazione molte persone delle valli sono emigrate verso la città lasciando il bosco a se stesso. Il bosco è un organismo vivente, si muove e ha così invaso queste aree coltivate. Cosa fa il consorzio? Recupera queste zone. La boutique è la parte recuperata. La cosidetta selva. Ogni anno entrano a fare parte del comunità dei soci che portano selve recuperate. Per recuperarle ci vogliono soldi, all’incirca 10 mila euro ad ettaro. Una cifra che sarebbe troppo onerosa per il solo consorzio, che al momento non può certo fare i numeri del mercato all’ingrosso, perchè non è abbastanza competitivo per poterlo fare”.
La delegazione ha fatto poi visita agli impianti dove le castagne del Consorzio vengono trasformate in farina e al Museo della Cultura rurale prealpina di Brinzio, dove sono stati mostrati in particolare attrezzi e strutture come la “grà” che un tempo servivano per la lavorazione e la conservazione delle castagne.
L’incontro si è concluso con un pranzo che ha offerto agli ospiti kosovari un assaggio dei sapori tipici delle valli varesine.
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