
Il ritorno di Giovanna d’Arco che impugna la fiamma tricolore

I travolgenti successi elettorali del Front National di Marine Le Pen non sono soltanto un’inquietante manifestazione del processo di fascistizzazione che attraversa l’intera Europa, ma anche, per limitarci al nostro Paese, il logico contrappasso dello stolido europeismo che ha finora caratterizzato il partito unico bicefalo composto dalla destra e dalla sinistra che hanno governato l’Italia in questo ultimo trentennio. Cominciamo dalla sinistra transalpina, oggi annichilita, come quella italiana, davanti al vulcano in eruzione del lepenismo. La verità è che, non esistendo a sinistra una proposta di tipo sovranista basata sulla fuoriuscita dall’euro, il disagio, il malcontento e la rivolta di vasti strati popolari sono stati polarizzati dalla proposta del Front National: una proposta, va detto, che è antitetica a quanto stambureggiato da Matteo Salvini dopo l’accordo tra la Lega Nord e il FN per le elezioni europee dell’anno scorso. Se infatti il leader della Lega si fosse preoccupato di leggere, come farò io adesso, il programma del FN, vi avrebbe trovato il secco rifiuto di ogni concezione federalista della nazione e una concezione duramente centralista dello Stato nazionale.

Orbene, che cosa propone il programma politico del FN (cfr. sulla Rete http://www.frontnational.com/pdf/projet_mlp2012.pdf) nella parte dedicata all’economia, dove sono esposte le misure che tale partito assumerebbe una volta salito al governo? Per quanto concerne i salari, si promette un salario minimo di 1500 euro, nonché la diminuzione del 5% delle tariffe di gas ed elettricità e dei carburanti alla pompa. Per quanto riguarda il sistema pensionistico, si prevede un aumento delle pensioni minime fino a 750 euro, ristabilendo il diritto alla pensione dopo 40 anni di lavoro o 60 anni di età. Ma il centro focale del programma economico è naturalmente la sovranità monetaria e il conseguente controllo sui movimenti di capitale. Nel programma, che non contiene alcun riferimento ad un piano centrale per il lavoro, vengono affermati il contrasto alle delocalizzazioni, la protezione delle produzioni francesi e la difesa del commercio al dettaglio contro la grande distribuzione (da sempre cavalli di battaglia delle formazioni populistiche di estrema destra).
Non vi è traccia della richiesta di una nazionalizzazione del sistema bancario né del trasferimento della banca centrale sotto il controllo dello Stato, ma si afferma soltanto che essa deve prestare soldi al governo senza interessi. In materia di politica tributaria viene proposto un sistema progressivo semplificato per le imposte sul capitale, un regime di agevolazione per le piccole e medie imprese, una tassa patrimoniale sulle grandi ricchezze e un ribasso dell’IVA sui prodotti di prima necessità.
Si tratta, come risulta con grande evidenza dall’esame di queste prime linee direttive, di un programma concepito per incunearsi a sinistra e polarizzare consensi tra le masse lavoratrici e tra la piccola borghesia, guardandosi bene però dal suscitare soverchie preoccupazioni nelle file della grande borghesia, eccezion fatta per le sue frazioni più speculative e parassitarie, così come tra le oligarchie dell’Unione Europea. Sennonché il veleno di questo programma è contenuto nella parte successiva, dove si trova il pungiglione di questo pericoloso animale politico tricefalo, in parte keynesiano, in parte populista e in parte fascista.
Così, per quanto concerne l’immigrazione e l’accesso alla cittadinanza si propone una radicale modificazione dell’attuale regime basato sullo ‘jus soli’, cioè condizioni molto più restrittive per ottenere la cittadinanza. Gli immigrati clandestini o coloro che si “mantegono illegalmente” saranno immediatamente espulsi. Le aziende saranno obbligate ad assumere anzitutto i cittadini francesi. Ogni legge che prevede di regolarizzare i clandestini sarà soppressa. Gli stranieri che fossero condannati al carcere saranno espulsi e dovranno scontare la pena nei loro paesi d’origine. Saranno, infine, vietate tutte le manifestazioni “ di appoggio ai clandestini”. Quest’ultima misura è, con ogni evidenza, in totale contrasto con la concezione di uno ‘Stato di diritto’. Ma il programma del FN prosegue imperterrito sul terreno della soppressione di ogni garanzia civile e democratica, proclamando che “una politica di tolleranza zero sarà instaurata sull’insieme del territorio nazionale”. Gli elementi della panoplia securitaria, emergenziale e poliziesca, esposta in questa parte apertamente forcaiola del programma del FN, sono perciò quelli che seguono: inasprimenti delle pene, privazione dei diritti sociali ai condannati a pene superiori ad un anno, più poteri ai corpi di polizia, potenziamento degli apparati repressivi, aumento del numero dei magistrati, avvio di un vasto piano carcerario per creare 40000 nuovi posti, ristabilimento della pena di morte e nessuno sconto di pena ai condannati all’ergastolo.
Per quanto riguarda le forze armate, il Front National propone un grande programma di riarmo della Francia, basato sulla difesa e sullo sviluppo della sua deterrenza nucleare, nonché sul rafforzamento dell’industria militare. Viene qui ripresa la parola d’ordine, interpretata ovviamente in chiave sciovinista, dell’uscita della Francia dalla NATO. In conclusione, credo che questa panoramica sul programma politico del FN sia sufficiente a metterne in luce la natura estremamente insidiosa, propria di tutte le formazioni storiche della destra fascista, che nasce dall’adozione tattica di un modello di tipo socialista moderato, mutuato dalla tradizione riformista del movimento operaio e coniugato con un modello portante che è quello costituito dallo ‘Stato forte’, repressivo e dittatoriale nella politica interna e nazionalista ed espansionista nella politica estera. La lotta per la difesa del lavoro, della democrazia e della sovranità nazionale è dunque la trincea che occorre costruire per fermare in Francia, in Italia e in Europa il ritorno di Giovanna d’Arco che impugna la fiamma tricolore. La domanda che sorge spontanea è se ciò sia ancora possibile dopo tutto il tempo che è stato regalato dal tragico opportunismo e dalla volgare insipienza della sinistra alla formazione e allo sviluppo, non solo in termini di egemonia politica ma anche in termini di egemonia culturale, delle destre populiste e fasciste. L’eruzione del vulcano è, infatti, ben lungi dall’essere finita.
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