Sylvie, dalla Francia a Casciago per portare l’arte a Masterchef

Vive da tredici anni a Casciago ma è nata a Nantes la concorrente più charmante di Masterchef 5

Sylvie, da Casciago a Masterchef

La concorrente casciaghese di Masterchef ha un tocco francese: Sylvie Rondeau vive infatti a Casciago da 13 anni, con il suo attuale compagno e le sue tre figlie, dopo un lungo girovagare: «Nella mia vita ho fatto 17 traslochi».

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Risiede a Casciago ma è nata a Nantes (il 10 agosto del 1967) ed è, innanzitutto, un’anima artistica: ha frequentato infatti l’accademia di belle arti in Francia e in Italia ha lavorato come professoressa di arte, e come disegnatrice di stampe per l’abbigliamento. La cucina per lei è una grande passione, ma soprattutto: «Un modo diverso dalla pittura per sfidare la mia creatività – spiega Sylvie – Confrontarmi con materiali diversi da quelli ben conosciuti della pittura, coinvolgendo oltre all’estetica il gusto. E’ una sfida innanzitutto con me stessa».

Masterchef però era una trasmissione che conosceva solo di nome: «Il mio lavoro mi portava in tutta Italia, difficile per me passare le serate davanti alla tivù. Se avevo qualche ora di tempo a casa preferivo cucinare. Tutti però insistevano sul fatto che avrei dovuto andarci, dicevano che “avevo il carattere per quella trasmissione”. Alla fine, sono stati i miei amici a convincere mio marito a iscrivermi».

Quando le hanno comunicato di avere fatto domanda, Sylvie ha cercato di documentarsi meglio sul programma «E a quel punto mi sono spaventata: questi giudici che tiravano piatti mi terrorizzavano, e sono stata contenta all’inizio di non ricevere alcuna risposta. Ma poi la telefonata è arrivata, e sono entrata, piacevolmente, nel vortice».

Vegetariana da 10 anni e da sempre attenta e selettiva su piatti e ingredienti, si considera molto fortunata: «Ho vissuto in due paesi, la Francia e l’Italia, che hanno una grande cultura gastronomica. In più ho molto viaggiato con i miei genitori, e mio papà amava molto assaggiare i piatti e i vini del luogo. E questo lo considero un grande vantaggio: il cibo è cultura ed educazione, la cultura del cibo si impara. Ricordo ancora la prima volta che ho mangiato la mozzarella, un formaggio profondamente diverso da quelli francesi. Eppure, gustandolo, ho mano a mano apprezzato la sua bontà. Così, quando ancora adesso mi chiedono: “è migliore il formaggio italiano o quello francese?” rispondo che non so e non posso rispondere: è come se mi chiedessero di scegliere tra il blu o il giallo. Sono diversi, ma fondamentali entrambi».

Stefania Radman
stefania.radman@varesenews.it

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Pubblicato il 30 Dicembre 2015
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