“Per sopravvivere Accam deve rimanere a Busto”
I soci di Accam hanno chiesto che la società continui ad operare a Borsano con un impianto di riciclo dell'umido. La palla passa ora nelle mani del nuovo sindaco di Busto
Fermare i forni dell’inceneritore entro il 2017 e realizzare nella stessa area l’impianto per lo smaltimento dell’umido. E’ stata questa la decisione approvata a larga maggioranza dall’assemblea dei soci di Accam che si è riunita lunedì 16 maggio.
E non è certo una sorpresa quella di chiedere a Busto Arsizio di lasciare l’area di Borsano per i futuri sviluppi della società. Così come non è una sorpresa il fatto che questa ipotesi da sempre sia stata fortemente osteggiata dall’amministrazione di Gigi Farioli. E non lo è neanche il fatto di aspettare il cambio di giunta, sperando in un sindaco più favorevole all’idea. La palla, dunque, è nelle mani di Busto Arsizio e dei suoi elettori.
Secondo la convenzione firmata tra Accam e Busto, infatti, quel sito è destinato all’incenerimento e una sua conversione in altro legittimerebbe la città a sfrattare la società, chiedendo ripristino e bonifica dell’area. Un’opzione che si vuole evitare, per evitare costi salatissimi. Chiudere a Borsano significherebbe infatti dover mettere in conto 18 milioni di svalutazione del patrimonio aziendale, 2,5 milioni di penale ad Europower (il gestore dell’impianto, ndr), 2 milioni di scorte di materiali e una cifra stimata in 4 milioni per le bonifiche. Tutte cifre che non tengono conto quelle per trovare una nuova area e costruire un nuovo impianto.
A conti fatti quindi lasciare Busto potrebbe corrispondere al fallimento della società. Un timore non così infondato dal momento che lo stesso presidente della società, Emilio Cremona, si è dimesso nei mesi scorsi perché non intenzionato a fare il liquidatore.
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