Come impatterà il referendum su economia e lavoro
Lunedì 28 novembre alle 21 presso la Sala Impero per le ragioni del Sì interverranno l'economista e deputato del Pd, Carlo Dell'Aringa, e il deputato di Area Popolare Raffaello Vignali
Quali saranno le ricadute del referendum sull’economia e sull’occupazione? Una domanda che nelle ultime settimane, con l’intensificarsi del dibattito sulle ragioni del Sì e quelle del No, è stata posta con una certa insistenza. Lunedì 28 novembre alle 21 presso la Sala Impero di Gallarate (angolo piazza Risorgimento), il comitato provinciale del Sì ha organizzato un incontro dal titolo “Le ragioni del Sì, imprese e lavoro” al quale parteciperanno l’economista Carlo Dell’Aringa, deputato del Pd e membro della Commissione bilancio, tesoro e programmazione, e Raffaello Vignali, deputato di Area Popolare e membro della commissione attività produttive. Modera l’incontro Michele Mancino, vice direttore di Varesenews.
(Foto, la statua dell’Euro di fronte al Parlamento Europeo a Bruxelles)
Cosa potrebbe accadere dopo il referendum
Sulle aspettative dei mercati rispetto all’esito al voto del 4 dicembre, gli analisti hanno già fatto alcune ipotesi. Secondo Massimo Trabattoni di kairos partners sgr, intervenuto ad un incontro sul private banking organizzato dalla Liuc -Università Cattaneo di Castellanza, in caso di vittoria del Sì nel breve periodo ci sarebbe una crescita delle borse soprattutto europee e aumenterà la fiducia nei confronti dello Stato italiano. Nel lungo periodo aumenterebbero la fiducia sia nell’euro che nell’Unione Europea, si avrebbe una maggiore stabilità economico-politica e lo spread potrebbe scendere fino a 100.
In caso di vittoria del No, nel breve periodo ci sarebbe uno stop temporaneo degli aumenti di capitale, un andamento al ribasso dei mercati finanziari, un’altissima volatilità delle borse, soprattutto quelle europee. Nel lungo periodo ci sarebbe una diminuzione della crescita dell’economia italiana di circa il -0,3%, per effetto dei mancati investimenti delle imprese estere, con una ricaduta negativa su occupazione e consumi. Lo spread potrebbe arrivare da 170 a 225/230 e ci potrebbe essere una vendita di titoli di Stato da parte degli investitori esteri per evitare maggiori perdite.
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