
Chiusura notturna dei valichi, Berna non fa passi indietro
Le tappe dell'iniziativa elvetica che sta suscitando molte reazioni e che è arrivata fino al Ministero degli Esteri e all'Unione europea

Non ci sarà alcuna marcia indietro della Confederazione sulla decisione di attuare la chiusura notturna sperimentale per sei mesi dei valichi secondari di Cremenaga, Novazzano-Marcetto e Pedrinate.

E’ rigida la posizione della Svizzera che oggi, per mezzo del portavoce del Dipartimento federale delle finanze (DFF) Roland Meier, ha ribadito che la sperimentazione proseguirà come deciso.
La questione, che fino a qualche giorno fa sembrava destinata ad essere discussa al massimo in Regione, da ieri sera ha assunto una dimensione nazionale, con l’intervento del ministero degli Esteri che ha convocato urgentemente l’ambasciatore elvetico a Roma.
Annunciata – secondo gli svizzeri – più di un anno fa al Governo italiano, ma mai discussa con gli enti territoriali, la vicenda della chiusura notturna dei tre valichi ha iniziato farsi “calda” nelle scorse settimane, fino a balzare agli onori della cronaca proprio nel primo giorno di attuazione del provvedimento, con la protesta dei sindaci in fascia tricolore.
Ecco, in sintesi, le tappe del provvedimento.
Una richiesta targata Lega dei ticinesi
L’iniziativa comincia a prendere forma nel maggio del 2014, quando la proposta, contenuta in una mozione della consigliera ticinese della Lega Roberta Pantani era stata accolta dal Consiglio federale, disponibile ad esaminare, nel quadro dell’esercizio delle competenze di polizia e in collaborazione con le autorità italiane e quelle del Canton Ticino, una chiusura notturna dei valichi secondari tra Svizzera e Italia.
La mozione nel mese di giugno 2014 era stata approvata dal Consiglio nazionale e in ottobre aveva ottenuto l’approvazione anche dalla Commissione delle istituzioni politiche del Consiglio degli Stati. Da lì il via alla fase di programmazione durata quasi tre anni.
Incertezza sulla scelta dei valichi
Già nel novembre 2015, la Regione Lombardia aveva affrontato la questione, con una mozione discussa in Consiglio regionale e con un‘audizione dei comuni interessati.
Fino a pochi mesi fa non c’era però certezza sui tre valichi individuati dal Canton Ticino per la sperimentazione. L’annuncio solo nel gennaio 2017, con la comunicazione della data scelta per l’avvio della sperimentazione: sabato 1° aprile 2017.
Voci di protesta
Diverse le voci che si sono levate in queste settimane per commentare in modo negativo la decisione svizzera.
La prima quella del sindaco di Cremenaga, Domenico Rigazzi, che ha definito inutile il provvedimento elvetico, ma che si è lamentato anche dello scarso coinvolgimento delle istituzioni italiane sulla questione.
Anche per Massimo Mastromarino, sindaco di Lavena Ponte Tresa, che è anche presidente dell’Associazione Comuni italiani di frontiera, si tratta di un provvedimento inutile e attuato in modo unilaterale, che rischia di minare le buone relazioni transfrontaliere costruite in questi anni.
Il malcontento dei sindaci è diventato palese nella prima serata di chiusura, sabato 1° aprile, quando i venti sindaci e il presidente della Comunità montana del Piambello si sono schierati, con la fascia tricolore, al confine italiano di Cremenaga pochi minuti prima delle 23, l’ora in cui al di là del confine si sono abbassate le sbarre.
Una protesta che ha fatto rumore, anche se silenziosa: a seguire si è mosso il Consiglio regionale lombardo che ieri ha discusso ed approvato (con la sola opposizione della Lega Nord) la mozione presentata da Luca Marsico, fino all‘intervento di ieri sera della Farnesina, che ha convocato d’urgenza l’ambasciatore elvetico per avere spiegazioni.
Oggi due nuove iniziative politiche, con l’interrogazione al ministro degli Esteri presentata dal deputato varesino Angelo Senaldi, e la lettera inviata questa mattina a Federica Mogherini, Alto Rappresentante per la Politica Estera e di Sicurezza europea, da Lara Comi, eurodeputato di Forza Italia.
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