San Martino, “la campana è autentica”, le prove nella tentazione di Cristo

Ecco in che modo gli storici locali ritengono fondata l'ipotesi che il ritrovamento sia attribuibile all’oggetto sopravvissuto all’esplosione del novembre del 1943

Avarie

Ha suscitato grande interesse la notizia del ritrovamento della campana della chiesa di San Martino, a Duno, rimasta sotto le macerie dell’esplosione che oltre 70 anni fa distrusse il luogo di culto per via della rappresaglia tedesca dopo la famosa battaglia partigiana.

Oltre alla notizia che Varesenews è riuscita a dare in anteprima, oggi possiamo offrire anche le foto di questo oggetto ritrovato, e svelare come gli storici locali siano riusciti a risalire alla sua autenticità.

Non era raro, infatti, che piccole campane di un diametro simile a quella rinvenuta dall’escursionista, venissero impiegate come segnale peri carri trainati dai buoi, magari impiegati fin quassù per operazioni di carico di legna o altro.

Quindi una scintilla di ragionevole dubbio ci sta.

Ma quello che ha scoperto Franco Rabbiosi, appassionato di storia locale e profondo conoscitore delle fortificazioni della Linea Cadorna, sembra non lasciare adito a dubbi.
«Esatto – scrive Rabbiosi . Perché se osserviamo bene la campana non possiamo non notare un’ancora. Bene: secondo la sacra Bibbia l’ancora ha come significato “la fede”. Poi ‘iscrizione “L U”. Queste lettere stanno ad indicare l’evangelista Luca, mentre il numero 4, derivazione dall’ancora, sta per “Capitolo quattro” dove si parla delle tentazioni di Gesù ad opera del demonio. (“…lo condusse sulla cima di un monte…”)».

Avarie

Poi il numero sei e quella antica leggenda sul diavolo e il santo.
«Il numero 6 rappresenta la dimensione dell’oggetto (non nell’attuale sistema di misure, naturalmente) – spiega Rabbiosi –
La leggenda del San Martino, (la disputa tra Gesù o San Martino a seconda delle interpretazioni, ed il diavolo che poi si sprofonda nelle viscere del monte, leggenda che si perde nella notte dei tempi, è la prova difficilmente confutabile dell’originalità del reperto».
Facendo una ricerca in rete, in effetti, la leggenda si trova.
Dal blog di Enrico Fuselli, a firma (G.M)

Un’antica leggenda mette in relazione la costruzione della chiesa di S. Martino di Montegrino con quella dedicata allo stesso santo che sorge sulla cima del monte che sovrasta la Valcuvia, S. Martino in Culmine.
La leggenda, come sempre, contiene un fondo di verità: in questo caso, la consacrazione a Dio di luoghi legati a culti pagani e l’edificazione di chiese laddove erano esistiti tempi dedicati agli dei. La leggenda, fissata in forma scritta nel corso del XIX secolo dallo studioso boschese Giulio Moroni, vuole che la costruzione delle due chiese sia stata contemporanea e dovuta all’opera del diavolo, per la chiesa che sorge sulla cima del monte, e a quella del santo, per la chiesa montegrinese.
Le due attività procedevano parallelamente: il santo e il diavolo controllavano da lontano l’uno l’operato dell’altro e non disdegnavano, addirittura, di prestarsi aiuto. Il diavolo, ad un certo punto, chiese a S. Martino di prestargli il martello; il santo, più furbo di quanto fosse malizioso il suo rivale, non negò il suo aiuto, ma lanciò il martello attraverso la valle, avendo cura che esso si presentasse in volo sotto forma di croce (con la parte metallica in alto).
Alla vista della croce, il diavolo inorridì e sprofondò, terrorizzato dalla visione del simbolo della religione cristiana, nelle viscere della terra (non a caso, sotto la chiesa di S. Martino in Culmine si apre una caverna che, secondo la leggenda, sarebbe stata creata proprio dal diavolo).
Il martello proseguì la sua corsa e finì con il conficcarsi sulla sommità dell’edificio costruito dal diavolo, consacrandolo alla fede cristiana. S. Martino, infatti, ridendo e soddisfatto per aver avuto ragione del nemico per antonomasia, salì sulla cima del monte e prese possesso dell’edificio in nome di Dio.

Anche sul Monte e la chiesa di San Martino e sulla sua chiesa una testimonianza “locale” arricchisce di particolari le già discrete notizie disponibili nella voce di wikipedia che parla di questo luogo. Qui la fonte è il Gruppo Amici della montagna di Cuveglio 

Il Monte San Martino è da sempre un luogo di culto: un tempo raduno di tribù, poi meta di pellegrinaggio ed oggi di escursionismo.
Si dice che i celti abbiano fatto sorgere sul culmine un luogo sacro dedicato a Taranis, dio dei tuoni.
Nel 200 d.C. venne edificato un tempio o un’ara, probabilmente in onore di Giove, come attesta una lapide ancora oggi visibile all’interno della Chiesa.
Verso il 500 d.C., il tempio venne da pagano a cristiano, dedicandolo a San Martino di Tours e il monte su cui sorge l’edificio sacro prende il nome del Santo.
Nel XIII secolo il tempio viene riedificato con l’aggiunta di un piccolo convento di frati (forse dell’ordine degli Umiliati), attivo fino al 1400.
Il Beneficio dell’Oratorio passa alla Chiesa di San Lorenzo di Valcuvia e quindi, nel 1578, alla Chiesa di San Fedele in Como diventando oggetto delle visite pastorali dei Vescovi di Como.
Nel 1603 passa all’Inquisizione di Como e, nel 1630, al Vicario Generale in Valcuvia del Sant’Officio di Como e quindi all’Orfanotrofio Maschile di San Pietro in Gessate che, nel 1788, vende la Chiesa di San Martino a privati. Negli anni successivi l’Oratorio abbandonato a se stesso subisce un notevole degrado. I restauri del 1891 lo riportano all’antico splendore e, nel 1903 è dichiarato Monumento Nazionale.
Nel 1915-1918 il Genio Militare, nell’ambito delle opere di fortificazione della Linea Cadorna, costruisce due osservatori, uno sotto l’Oratorio di San Martino e l’altro tra la vetta e la sella di Vallalta, una caserma, una batteria in caverna e un labirinto di trincee in località Vallalta. Dopo la guerra le fortificazioni vengono abbandonate, salvo utilizzarle di quando in quando per le esercitazioni dell’esercito. La caserma in località Vallalta, invece viene destinata ad altri usi: dapprima diventa una locanda e poi una casa di soggiorno estivo dell’Istituto Sordomute Povere di Milano.
Durante la Seconda Guerra Mondiale, il 18 novembre 1943 i tedeschi rasero al suolo l’ex caserma danneggiata dai bombardamenti e, senza alcuna giustificazione, anche l’Oratorio di S.Martino verrà completamente distrutto. Dopo la guerra l’Oratorio fu ricostruito, nel 1951 venne ceduto alla Diocesi di Como perché ne assuma la proprietà per la Parrocchia di Duno quindi il 24 agosto 1958 fu inaugurato e riaperto al culto.

Andrea Camurani
andrea.camurani@varesenews.it

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Pubblicato il 12 Maggio 2017
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