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Preghiere, dolci e the alla menta: si festeggia la fine del Ramadan
Centinaia di persone alla festa finale per la rottura del digiuno. È anche un momento che unisce diverse comunità nazionali: africani, magrebini, balcanici, asiatici, italiani
È il giorno dell’augurio «eid mubarak»: dopo un mese di digiuno, raccoglimento e preghiera, arriva per le comunità musulmane il giorno dell’id-al-fitr, la fine del Ramadan. Una ricorrenza che viene celebrata in modo comunitario in particolare nell’area di Gallarate e dintorni: quest’anno la festa della rottura del digiuno si è tenuta nel complesso sportivo privato che ha ospitato per un mese la preghiera serale di Ramadan, a Cardano al Campo.
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«Ramadan è il mese in cui tutti i musulmani devono impegnarsi a vivere nella preghiera e nel digiuno: non solo un mese, è un esempio per tutto il resto dell’anno» spiega Abdul Jabbar, pakistano, presidente dell’associazione Il Faro di Gallarate, la forma giuridica civile che si è data la comunità musulmana (è scelta degli ultimi anni). È anche un mese di solidarietà e in questo senso viene celebrata anche la festa finale, come momento aperto a tutti.
Uno degli aspetti più interessanti è che – visto da vicino – il mondo musulmano è molto articolato e differenziato, molto più di come ce lo si aspetta. Magrebini, pakistani, italiani convertiti, africani dell’Africa nera (meno presenti i balcanici). Immigrati recenti e “nuovi italiani” che parlano un italiano perfetto. Senza contare i bambini, che più di tutti mostrano come l’italiano sia la lingua che unisce, l’unica che è comprensibile – più o meno bene – a tutti. Ci sono tante famiglie: alcune mangiano il loro pranzo mattutino sull’erba, tutti insieme, soprattutto gli africani (ma altri preferiscono festeggiare a casa). In altri casi le donne si riuniscono in gruppi all’ombra degli alberi, mentre gli uomini si affannano intorno alle griglie. Ci sono operai, piccoli commercianti, ma anche professionisti. Completi eleganti e vesti lunghe, i colori sobri degli uomini del Sud-est asiatico e gli sgargianti vestiti tradizionali africani.
Lontana sembra l’eco della polemica sulla necessità che ha spinto la comunità musulmana gallaratese a trovare uno spazio fuori dalla città di Gallarate: alcuni sottolineano in negativo la cosa («mi dispiace non poterlo fare nella mia città, sono un cittadino e pago le tasse»), altri preferiscono sottolineare l’aspetto “logistico” (Jabbar: «C’è anche più spazio, per il cibo, per le donne, per i bambini, per giocare»). Soddisfatto è il sindaco di Cardano al Campo, Angelo Bellora, la cui cittadina si è fatta carico di gestire – senza particolari disagi – un momento che richiama molti fedeli musulmani (tra cui diversi cittadini italiani) da tutto il territorio del Gallaratese. «Se si è disposti a conoscere gli altri e a incontrare, le divisioni e i muri crollano, pure nelle differenze e nel rispetto delle usanze».
Il mese sacro dei musulmani è stato come sempre anche occasione d’incontro: c’è stata la serata che ha visto ospite – è ormai tradizione – il prevosto di Gallarate, Ivano Valagussa, ma ci sono anche state le visite di amici e conoscenti, oltre a qualche curioso, anche tra gli stessi frequentatori del centro sportivo che ospitava la preghiera. Islam Fukrul è il rappresentante della “Associazione immigrati Cardano al Campo Laura Prati”: «Voglio ringraziare nel profondo tutti i cittadini di Cardano, dai bambini agli anziani: anche questo momento ci dimostra che le religioni sono pacifiche, che insegnano ad amare e rispettare tutte le persone».
Anche nell’ultimo giorno, in virtù della maggiore partecipazione, gli addetti in pettorina dell’Aps Il Faro gestiscono i parcheggi per evitare troppi disagi (siamo nella zona degli impianti sportivi di Cardano, ci sono molti parcheggi, ma l’afflusso nell’ultimo giorno è grande). Più che soddisfatti Maurizio Gemmo e la moglie Sonia Ravasio, titolari delle Biolle, il complesso sportivo che ha ospitato il mese di preghiera: «Ho chiesto all’Imam di ringraziare tutti i partecipanti per il rispetto e l’educazione che hanno dimostrato, tutti». I gestori delle Biolle hanno dovuto fare i conti anche con critiche per la loro scelta: «Tanta curiosità, tanto parlare per nulla e alla fine credo che tutti possano giudicare come è andata. Certo, alcune affermazioni ci hanno fatto male» spiega Sonia. «Le porte sono sempre aperte per chi vuole spazi e dimostra buona volontà» aggiunge il marito. «Nel tempo abbiamo ospitato manifestazioni ciclistiche, cinofile, l’iniziativa solidale della comunità senegalese: siamo aperti a tutti. E anche in questa occasione molti clienti si sono dimostrati curiosi, hanno voluto conoscere».
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