In bici in Ungheria: e venne il giorno della Slovenia
La quinta tappa del viaggio a pedali di Marco Zanini (stavolta con un pizzico di ferrovia) lo ha portato per la prima volta a uscire dai confini italiani
Il varesino Marco Zanini ha iniziato il suo viaggio in Ungheria, in bicicletta. Fino al 2 settembre percorrerà 4 stati e toccherà 4 laghi molto diversi tra loro: Garda, Bled, Balaton e i laghi artificiali lungo il fiume Drava (Varaždin e Dubrava). Un viaggio in (quasi) solitaria di circa 1700km con oltre 17.000m di dislivello (non seguendo sicuramente la strada più comoda) dal Brennero a Trieste, attraversando Slovenia, Ungheria, Croazia.
Giorno 05
Da Treviso a Pliskovica: 140 Km +40 di treno). Dislivello: 777 m
Amo le ville venete perché sono rurali. Sto scrivendo da un ostello in Slovenia che è un ex cascina e mi sembra un’esagerazione quello che ho appena scritto. Ma è cosi! La villa veneta era un centro di riferimento economico per le attività agricole del territorio. Ovviamente i veneziani diventati contadini fanno le cose con stile e costellano la campagna tra Verona e Treviso di gioielli.
Mi piacciono le ville venete perché fanno paesaggio: creano relazioni con l’intorno. A Varese le ville sono un fatto privato (attendo smentite e il festival del paesaggio varesino in cui alcune ville varesine verranno aperte al pubblico). Il paesaggio, però, è un fatto collettivo: lo fanno tutti, dal signore che si prende cura dell’aiuola davanti a casa, al contadino, che con amore, coltiva un campo ecc. Tutte pratiche che generano spazi e forme.
Chiudendoci nei nostri recinti abbiamo smesso un dialogo con l’ambiente circostante e questa chiusura ha causato, secondo me, la perdita di senso, d’identità ecc (chiudo per non essere pedante e perché non è il momento, ma se volete approfondire consiglio la lettura di E.Turri “Villa veneta. Agonia di una civiltà”).
È mattino presto e percorro la pianura trevigiana riflettendo sul tema privato/pubblico (sento la mancanza del mio compagno di viaggio che su questo tema avrebbe avuto molte cose da dire). Per evitare le strade bruttissime che sto incontrando e non vedendo alternative, salgo sul treno a Portogruaro e arrivo rapido in Friuli. Seguo la ciclabile per Aquileia, coi suoi resti archeologici e la magnifica basilica, e mi dirigo verso il mare.
Grado è collegata ad Aquileia da una sottile lingua di terra e tutto intorno acqua.
Mi fermo un secondo per vedere la città e un edificio brutalista (LINK) che mi ero segnato e vado via veloce verso Trieste. Percorro una ciclabile tra laguna e mare e arrivo a Monfalcone. Da qui inizia il delirio: l’unica strada è la SS che sono obbligato a percorrere per una decina di km tra macchine e disagio. Fortunatamente devio subito e mi immergo nel Carso seguendo sassosissime stradine di campagna.
Passo il confine e mi sento un contrabbandiere con la mia bici color verde militare e le borse piene e penso all’amico Stefano Beghi e al suo spettacolo sui confini. Sul carso incontro un altro ciclista e pedaliamo un tratto a piedi tra paesini e vigne. Mi racconta che il suo sogno sarebbe tracciare un percorso ciclabile tra Monfalcone e il castello di Miramare. Mi dice “qui siamo stretti tra montagna e mare, ma abbiamo una biodiversità fenomenale”. Io ci credo e assaggio dell’uva per scoprire se c’è differenza tra uva italiana e uva slovena. Pliskovica è piena di viti sia nello spazio privato che in quello pubblico… e io mangio!
Ps
In Slovenia inizio a sentirmi straniero: la lingua è incomprensibile, dal suono affascinante ma impronunciabile. Tento di imparare, guardando i verdi colli carsici sdraiato su una spiaggina, almeno 3 parole, ma la vedo dura!…jutri
PsPs
Dopo mangiato mi sento meno straniero. Ho scovato un posticino (l’unico aperto tra l’altro nei dintorni): un agriturismo biodinamico che costa pure poco. Una piccola corte che mi ricorda quelle taverne nel Kalembherg a Vienna e sogno un luogo del genere ai Mulini di Gurone… Casamatta… buonanotte… zzz…
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