“Apro un ristorante in cima alla montagna perché questa è la mia casa”
Simone, cuoco e amante di queste valli racconta della sua avventura alla Forcora, un posto del cuore per migliaia di varesini. Per Natale i lavori saranno ultimati, siamo andati a trovarlo
Cambio vita, mollo tutto e apro un ristorante in cima alla montagna. Ecco, se vi aspettate di leggere una storia come questa sappiate che potete tenerla come sogno nel cassetto perché l’interprete di questa avventura veniva qui, ai 1300 della Forcora, da quando aveva i pantaloni corti.
E oggi questo solido alpinista e alpino quarantenne, Simone Riva Berni è il nuovo gestore del Ristorante Sciovia della Forcora, proprio al conosciutissimo passo che è anche punto di arrivo per gli amanti dello sci, e di partenza per le mille vie che a piedi o in bici si aprono su questi sentieri.
ARRIVARE – Ci sono due strade per arrivare in Forcora. C’è quella che passa da Veddasca, ed è la più selvaggia e ricca di curve a strapiombo sulla valle; e c’è quella che passa da Musignano e il lago Delio, paesaggi di betulle e di piante alpine, perché qui siamo al limite delle Prealpi, terre alte, all’estremo lembo del Paese: la Svizzera è dappertutto. Il punto di partenza, in entrambe i casi, è sempre Maccagno: si deve arrivare in paese e seguire le indicazioni per Veddasca.
LA FORCORA – Un grande parcheggio, un albergo chiuso, e poco più su la chiesetta della Madonna della neve: si vede questo, una volta arrivati. Aria fina, di montagna, due passi e si arriva ai piedi di un lunghissimo prato in discesa, la pista da sci; lunga un chilometro, può venir risalita con un impianto, l’unico della provincia di Varese.
Il ristorante è lì, una casa di colore scuro col tetto spiovente; è di proprietà del Comune, che sta facendo lavori di ristrutturazione con l’idea di riuscire ad aprire per le vacanze di Natale. «Magari anche per il ponte dell’Immacolata», dice Simone uscendo dalla sala che assieme alla compagna Donatella e al figlio Roberto sta ripulendo. Da ieri l’area è diventata cantiere, l’impresa l’ha transennata e i lavori sono ufficialmente partiti.
CUOCHI – Simone ha 41 anni, e da sempre ha fatto il cuoco. Roberto ne ha 20 di meno e sta imparando: grembiule e padella, aiuterà il padre nell’impresa di ridare vita a questo posto che fino aduna ventina d’anni fa aveva in tutto quattro punti d’attrazione come “offerta turistica”: oltre al ristorante c’era il rifugio Forcora, oggi chiuso, e l’albergo: anche qui battenti sbarrati. E poi c’era, e c’è ancora l’impianto di risalita. Ma a differenza del ristorante, per il quale è arrivata l’offerta di da parte di Simone, la gara per la gestione dell’impianto di risalita è andata deserta. Il sindaco Fabio Passera nel commentare questa notizia si è detto comunque fiducioso, una soluzione si troverà. Intanto qualcosa qui, quasi in cima a quel balcone fatto dalla sommità del monte Cadrigna, qui qualcosa si muove.
IL FUTURO DELLA FORCORA – Sono una cinquantina i tetti che si vedono dalla cima del Cadrigna, a scendere dalla mulattiera sopra la quale passa l’impianto della sciovia. Tutte abitazioni di vacanza, seconde case.
«Durante l’anno ci abiteremo noi, e per ora uno svizzero – spiega Simone – . C’è poi una famiglia, marito e moglie, che passa otto mesi l’anno in Forcora, diciamo da aprile ai primi di novembre, e sverna in valle. Quando nevica qui è bellissimo. Ma occorre battere i sentieri e le strade altrimenti ti ritrovi in cinquanta e più centimetri di neve fresca e noi riesci muoverti. Quest’inverno lo farò io, con una motoslitta».
Simone ha gestito la Forcora per nove anni prima di tornare a valle, a Maccagno, per lavorae come cuoco in un locale del paese. Ma il richiamo della montagna è stato troppo forte.
«Per la Forcora, lo faccio per la Forcora. E anche per me, perché amo questo posto», risponde quando gli si chiede cosa l’ha spinto ad investire qui.
Non sarà un semplice ristorante, però. Nelle sue idee Simone ha ben preciso cosa vuole fare. Non si tratta solo di polenta e selvaggina, di cui è esperto conoscitore di segreti e sapori (da queste parti ci sono cinghiali, cervi e camosci, oltre a molte lepri e quando è stagione, un mare di funghi).
«Sono fermamente convinto che la gestione di questa attività debba andare oltre il solo aspetto commerciale. Pur essendo un esercente, ritengo che scegliere di svolgere il mio lavoro debba essere una scelta: offrire un servizio soprattutto alla collettività, con l’obiettivo di trovare il giusto compromesso tra il mio guadagno e quanto garantito quotidianamente agli avventori», dice del suo progetto.
Così le idee che gli vengono fuori sono un fiume in piena che segue il corso delle stagioni: sci di fondo, escursioni invernali e ciaspolate notturne, mostre micologiche e corsi su come riconoscere i funghi in autunno. Simone propone di coinvolgere i ragazzi delle scuole e assieme al Cai, di cui è socio, insegnare loro le ricchezze di queste valli.
Poi percorsi di nordic walking, bicicletta e trekking in tutte le altre stagioni: qui c’è davvero l’imbarazzo della scelta su quale strada seguire. Il panorama che offre il luogo è di una bellezza disarmante: un concentrato di cime su cime con valli nascoste dalla foschia del mattino e il lago a portata di mano, la catena del Rosa e le Prealpi svizzere e lombarde: un paesaggio unico al mondo.
E poi il silenzio. Quando non si parla qui c’è silenzio puro, rotto solo da qualche animale.
Potrebbe partire da qui, dalla passione di quest’uomo di poche parole, la rinascita di questo posto. La rinascita della Forcora.
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