Un percorso lungo il fiume Tresa per ricordare le persecuzioni razziali

Giovanni Bloisi, il “ciclista della memoria” lancia l’idea: «Mettiamo questi luoghi a disposizione dei più giovani, gli ultimi testimoni stanno scomparendo»

Esistono le “pietre di inciampo, per ricordare chi passò da un luogo, chi visse o morì a causa delle persecuzioni razziali. Ci sono le targhe commemorative. Ci sono i libri.

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Il percorso della memoria lungo il fiume Tresa 4 di 8

Ma l’idea di un percorso ciclopedonale per mostrare a tutti – in primis ai più giovani – l’orrore passato dietro casa, in quel vicolo o sotto il ponte che ogni giorno oggi si attraversa con indifferenza, questo no, non si era ancora sentito dalle nostre parti. E forse nemmeno nel resto del Paese.

Ora qui, in provincia di Varese, è nata l’idea di consentire a chiunque, e in modo accessibile, di poter ricordare quello che potremmo battezzare come l’Olocausto del Confine, la delazione che segnava la fine per intere famiglie che per scampare alle pattuglie nazifasciste si affidavano alle mani dei passatori. Gente spesso avvezza al “doppio gioco”, incassando due volte il prezzo, quello della salvezza e della condanna.

Nel mezzo bambini, nonni, madri e padri che dalle camere a gas non tornarono più.

Il percorso della memoria lungo il fiume Tresa

L’idea è venuta a Giovanni Bloisi (nella foto), che Varesenews conosce bene per aver scritto del suo viaggio in bici lungo l’Italia, un percorso a tappe per toccare i luoghi rappresentativi della persecuzione contro gli ebrei: da Trieste a Fossoli al ghetto di Roma, giù giù fino ad arrivare oltre il mare, in Israele. Ed è qui – ne abbiamo scritto anche di recente – che incontrò la famiglia Nissim che a Cunardo trovò riparo durante l’ultima guerre.

Ma non per tutti andò così, e allora è giunto il momento della memoria. Incontriamo Giovanni a Cremenaga, piccola capitale di quella valle solcata dal corso del fiume Tresa che è anche confine naturale con la Svizzera: da questa parte i sommersi, di là i salvati.

«L’idea di realizzare percorsi ciclopedonali, magari anche brevi, per ricordare quanto avvenne in alcune zone del nostro Paese mi venne a Carpi, quest’estate, durante il viaggio in bici quando incontrai alcuni studenti e un professore, Fausto, a cui proposi l’idea: perché dover andare fino ad Auschwitz, o in Germania quando segni e testimonianze li abbiamo a casa nostra? Non che il pellegrinaggio in quei luoghi non sia importante, anzi. Ma certamente merita un ricordo anche quel che accadde in Italia», racconta mentre si passeggia piano lungo la strada provinciale 61 che dal valico doganale va verso Luino, fino a trovare quel piccolo avvallamento che scende dal Biviglione e, passando sotto alla strada permette di arrivare sulle sponde del fiume dove ora la portata sarà di un paio di spanne. 
Non c’è molto da dire, durante il breve pellegrinaggio, fino quasi toccare l’acqua.

«Ecco, in duecento metri di strada abbiamo percorso un tratto di storia recente del nostro paese, ricordando sofferenze e patimenti che qui avvennero», spiega Giovanni.

«Per quanto mi riguarda è possibile mettere in pratica questo progetto con un costo bassissimo: qui è sufficiente un pennello e della vernice, bianca o rossa o di altro colore per segnare la strada, magari posizionare una piccola targa e tagliare l’erba lungo la sponda del fiume, così da permettere a chiunque di fermarsi un minuto per una preghiera, una riflessione su ciò che qui avvenne. Sarebbe bello coinvolgere associazioni e realtà del territorio. E i giovani. Perché di testimoni di quella tragedia già oggi cominciano ad essercene pochi. E tra poco scompariranno».

Andrea Camurani
andrea.camurani@varesenews.it

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Pubblicato il 17 Ottobre 2017
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