Galimberti e il nichilismo attivo. “L’ottimismo è pigrizia mentale”
L'intervista al filosofo, ospite della prima giornata di Filosofarti
Prima della sua lectio magistralis, abbiamo avuto il piacere di intervistare il professore Umberto Galimberti, ormai ospite fisso di Filosofarti e che ancora una volta ha riempito il Teatro delle Arti. È stata l’occasione, oltre che per parlare di Paideia (‘educazione’, tema principale di questa edizione di Filosofarti), anche per presentare il suo ultimo libro ‘La parola ai giovani’, composto da una serie di lettere che l’autore riceve ogni sabato sulla rubrica che tiene su “D”, l’inserto femminile di Repubblica. Gli abbiamo posto alcune domande in un’interessante chiacchierata.
La sua lectio magistralis si intitola ‘L’educazione sentimentale’, quindi si concentra sul sentimenti; nei suoi libri passati e nelle lezioni che ha tenuto qui a Gallarate negli anni scorsi parlava di ‘educazione delle idee’.
«Le idee vanno educate in quanto si possono avere idee stantie, vecchie, sbagliate o a volte possono essere erroneamente chiamate principi, quando in realtà sono semplicemente vecchie abitudini. Di questo, come ho scritto, si deve occupare la consulenza filosofica. I sentimenti, invece, vanno appresi; spesso, sbagliando, si pensa che si provino sentimenti per natura, ma non è così. Quelli sono impulsi, puramente naturali, o emozioni, che sono a metà strada tra natura e cultura. I sentimenti sono del tutto culturali, vanno appresi. Nell’antichità si raccontavano i miti, tramite i quali si capivano le differenze tra bene e male; i greci (“le persone più intelligentimai apparse sulla Terra”, li definisce Galimberti, ndr) prestavano grande attenzione alla mitologia, che studiamo ancora oggi. Oggi abbiamo la letteratura, che ci permette di apprendere l’amore in tutte le sue sfumature, il dolore, la noia, la disperazione. Se riempiamo le scuole di computer e trascuriamo la letteratura, buonanotte».
Due anni fa, nell’intervista che le facemmo sempre in occasione della sua conferenza per Filosofarti, ci diede una visione del nostro futuro abbastanza pessimista; è ancora così secondo lei?
«Sì. Non parlerei però di pessimismo e ottimismo; l’ottimismo fa parte della pigrizia mentale. Verbi come ‘sperare’, ‘augurarsi’, ‘auspicare’ sono verbi della passività: cosa si fa nel frattempo per cambiare le cose? In realtà il futuro è caratterizzato da una visione nichilista, non ha contorni, non ha prospettive. E quando il futuro è così imprevedibile, esso non retroagisce come motivazione nella vita e quindi subentra la rassegnazione, la pigrizia. Ma in un tale contesto di nichilismo, c’è una piccola parte di giovani, non più del 10%, i quali, pur sapendo di vivere in un’epoca fosca, si danno da fare. Essi non negano l’età nichilista in cui vivono, ma decidono di agire. Questo lo chiamo nichilismo attivo, ed è ciò su cui si basa il mio ultimo libro ‘La parola ai giovani’».
Le chiediamo un giudizio sulle prossime elezioni, in programma il 4 marzo. Se ne sono dette tante, la maggior parte negative: lei cosa ne pensa?
«Io sono disgustato da questa classe politica che non è in grado di formulare una legge elettorale decente, che consenta di formare con estrema chiarezza un governo. Quando si fanno queste marmellate, per accontentare tutti, si fanno governi in cui si mettono insieme capre e cavoli che hanno come conseguenza, proprio per non scontentare le capre e i cavoli, quella di non decidere niente».
Quindi lei auspicherebbe un sistema maggioritario?
«Sì. Mi piacerebbe un sistema sul modello francese. Macron sta governando con il 23% che è sì poco, ma almeno può decidere senza dover accontentare tutti. In Italia, invece, in 70 anni abbiamo avuto 72 governi. Anche il sistema tedesco, che sarebbe comunque meglio del nostro, può andare bene in Germania in quanto lì riescono a formare dei governi seri e stabili, ma qui no. La soluzione, comunque, non deve essere quella dell’astensione. Non andare a votare è da criminali».
Questo articolo rientra nel progetto del Social Team di [OC] Officina Contemporanea, la rete per la cultura a Gallarate.
Marco Caccianiga
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