Anche Romiti e Alberoni alla presentazione della biografia di Ambrosetti
Da Cesare Romiti a Renato Mannheimer, da Francesco Alberoni a Mario Monti: una sala piena di persone che hanno fatto la storia recente del pensiero e dell’economia alla presentazione di “La Mia Vita”
Da Cesare Romiti a Renato Mannheimer, da Francesco e Rita Alberoni a Mario Monti e signora, a Valerio Onida. Per non parlare di tutte le autorità varesine in “trasferta” e nelle prime file: dal sindaco Davide Galimberti al già prefetto Giorgio Zanzi, da Guido Borghi a Valerio Festi.
Era un parterre straordinario, sia per quantità che qualità, quello che ha assistito alla presentazione milanese de “La mia Vita” l’autobiografia di Alfredo Ambrosetti. Una presentazione organizzata nella centralissima libreria internazionale Hoepli, e presentata da Barbara Hoepli, “padrona di casa” insieme al fratello, che ha introdotto la conversazione, che si è svolta tra piacevolezze e sorrisi tra Ferruccio de Bortoli e l’autore.
Molti dei presenti erano amici di lunga data, infatti, del professionista varesino: come Francesco Alberoni, con cui Ambrosetti ha condiviso i primi anni di Aggiornamento Permanente, i primi corsi per manager italiani creati da lui, che hanno dato il via anche al Forum di Villa d’Este e che Ambrosetti ha definito “un mio maestro“.
Ambrosetti, anche su sollecitazione del notissimo giornalista, già direttore sia del Corriere della Sera che del Sole 24 Ore, non ha mancato nella presentazione di dispensare aneddoti e opinioni: sempre nel limite della proverbiale discrezione, su cui ha fondato tutta la sua attività di consulenza aziendale, una professione che di fatto ha “inventato” in Italia.
«Ho sempre interpretato la consulenza con segretezza e riservatezza – ha spiegato Ambrosetti – Tant’è vero che nella mia biografia ho citato solo due lettere di ringraziamento. Una è di Mario Monti, e l’altra di Michele Ferrero. Ma quest’ultima rappresenta per me un bel ricordo, e una situazione che ho recuperato all’ultimo momento: è una lettera di ringraziamento per la relazione introduttiva e di chiusura in occasione del 50esimo della sua azienda. Una relazione che, per un disguido, mi sono ritrovato a scrivere in fretta e furia la notte prima dell’evento, rischiando gran parte della mia carriera. Andò bene, fortunatamente, e ora è un bel ricordo».
Meno piacevoli sono i ricordi legati alle sue consulenze in Fiat ai tempi del terrorismo: «Dovevo andare dal dottor Romiti perchè c’era in atto il progetto di scorporo della Fiat. Ogni mattina, prima di partire per Torino, ascoltavo alla radio si sentiva chi era stato gambizzato nelle ultime ore e, quando arrivavo a Torino, per entrare e uscire dagli uffici dovevo fare sempre un itinerario diverso. L’atmosfera era veramente difficile. Mia moglie mi accompagnava all’auto alla partenza, io mi sforzavo di essere tranquillo, lei si faceva il segno della croce e mi salutava».
Una situazione che si concluse con un trasferimento: «Il lavoro di consulenza per Romiti non lo conclusi a Torino: ad un certo punto ci disse che era troppo pericoloso, e spedì, me e il suo collaboratore, a Portofino, all’hotel Splendid. Detto così sembra bello, ma non usci mai dalla mia stanza. Le nostre due mogli passeggiavano, noi stavamo dentro. Però perlomeno finimmo il lavoro con calma».
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