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Busto Arsizio quinta città lombarda, grazie (anche) agli stranieri
Il saldo tra nati e morti è negativo ma la popolazione residente continua a crescere anche per la forte presenza di stranieri, segno di grande attrattività ma il fenomeno va gestito: "Ci servono mediatori culturali"
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La popolazione di Busto Arsizio è cresciuta di 65 unità e nel 2017, rispetto all’anno precedente, e ha toccato quota 83.405 abitanti, facendola diventare la quinta città della Lombardia per popolazione dopo Milano, Brescia, Monza e Bergamo.
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Al 30 giugno del 2018 i residenti erano addirittura 83.775.
Busto supera anche Como (83.320) che, invece, prosegue nella sua emorragia di abitanti mentre Varese (80.544) rimane ottava, subito dietro Sesto San Giovanni. La città delle due B è anche il primo centro non capoluogo di provincia per popolazione in Lombardia.
La “sfida” con Como vinta da Busto Arsizio nella serie storica
A permettere alla città di stabilire il nuovo record di residenti sono gli stranieri che dal 2016 al 2017 sono aumentati di circa 160 unità e rappresentano il 9,5% della popolazione totale. Albanesi e rumeni fanno la parte del leone rappresentando rispettivamente il 15,5 e il 10% della comunità estera presente in città.
Ne è cosciente l’assessore al marketing territoriale Paola Magugliani che sottolinea: «Busto continua ad attrarre nuovi residenti anche dai comuni limitrofi e questo è senza dubbio un fatto positivo. La crescita della popolazione straniera è un fenomeno che si conferma costante da diversi anni e non potrebbe essere altrimenti in un mondo globalizzato. Stiamo vivendo lo stesso fenomeno che hanno vissuto già 20-30 anni fa grandi città come Londra».
La città, dunque, sa attrarre ma sa anche offrire servizi utili all’integrazione e al collocamento di queste persone? «Bisogna attrarre fondi anche per questo – prosegue l’assessore Magugliani – dauna parte arrivano dal miglioramento dell’economia perchè meglio vanno le aziende e i negozi della città e maggiori sono le entrate per le casse comunali attraverso le tasse; dall’altra dobbiamo far crescere servizi come la mediazione linguistica, sempre più necessaria nelle nostre scuole e negli uffici pubblici in generale».
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