Decreto immigrazione, preoccupazione degli operatori per le conseguenze

Anche a Varese le realtà che si occupano della gestione dei richiedenti asilo si stanno organizzando per cercare di comprendere quali potranno essere le conseguenze del provvedimento

accoglienza

Anche a Varese le realtà che si occupano della gestione dei richiedenti asilo si stanno organizzando per cercare di comprendere quali potranno essere le conseguenze del decreto del Governo in tema di immigrazione approvato dal Consiglio dei Ministri due giorni fa e ora al vaglio del Presidente della repubblica.

Del decreto non si conosce ancora nel dettaglio il contenuto. Si sa che sono 42 articoli e che molti dei temi dei quali si occupano sono stati raccontati alla stampa.

Aldilà delle finalità politiche, e i  dubbi di incostituzionalità che alcune norme hanno suscitato, esistono però delle questioni molto tecniche che dipenderanno da quello che realmente contiene il testo.

Questioni che le stesse realtà che si occupano della gestione dei migranti sul territorio aspettano di conoscere. I tempi non saranno comunque immediati: la gestione dei migranti in questi anni si è realizzata attraverso l’emissione di bandi, che dunque dovranno arrivare a scadenza, e molto dipenderà da come saranno strutturati quelli nuovi.

L’allarme per chi gestisce la materia è però già scattato. L’ASGI, Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione ha prodotto un documento di analisi dei primi contenuti del decreto nel quale spiega che

“i provvedimenti non sono idonei a combattere i trafficanti di esseri umani – i quali vivono della chiusura delle frontiere e della impossibilità di ingresso legale in Italia ed in Europa –, mentre, se si vuole rafforzare il controllo di legalità sulla accoglienza dei richiedenti asilo, ciò non può farsi smantellando l’unico sistema unanimemente ritenuto degno di tale nome, ovvero lo SPRAR, a favore della pessima esperienza che complessivamente ci consegna l’analisi delle strutture straordinarie; l’incremento delle quali, fuori da ogni logica sistemica, non può che alimentare tensione sociale”.

Anche il sindacato della Cgil ha criticato il decreto del Governo spiegando che

“opera un giro di vite su questioni che andavano affrontate in modo opposto. Si cancella, per esempio, il permesso di soggiorno per motivi umanitari, introducendo solo due tipizzazioni ammissibili: di salute e stato di calamità. Viene superato il modello SPRAR di accoglienza diffusa per tornare ai centri con alta concentrazione. Si interviene nel procedimento con limitazioni al gratuito patrocinio e alla cancellazione della possibilità di ricorso. In un’ottica securitaria viene incrementato il numero di reati per i quali può essere revocata, o sospesa nei casi nei quali non si sia arrivati a sentenza, la protezione internazionale e la cittadinanza.
Insomma, ci troviamo di fronte ad un insieme di norme che nei fatti limitano la sfera dei diritti e che spingono verso la condizione di irregolarità, limitando fortemente la possibilità di riconoscimento del permesso di soggiorno”.

Le critiche principali mosse al provvedimento voluto dal Ministro dell’Interno Matteo Salvini sono le conseguenze che possono portare lo smantellamento di alcune procedure di gestione dei migranti senza adeguate alternative. Sempre l’ASGI, Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione, nel suo documento stigmatizza la decisione di intervenire sul sistema di accoglienza SPRAR:

“la scelta governativa pare essere quella di rendere ordinario ciò che attualmente la legge prevede essere straordinario, ovvero i centri di accoglienza straordinari. L’accoglienza dei richiedenti asilo all’interno di strutture dotate di personale qualificato che ne favorisce l’integrazione sociale e lavorativa nel tessuto locale sarebbe incomprensibilmente relegata ad ipotesi eccezionale, così preferendosi la scelta discrezionale delle Prefetture in ordine alla allocazione delle strutture straordinarie di accoglienza, fuori da un “sistema” organico ed unico, e non garantendo i criteri di affidamento e i controlli, anche economici, sulle nuove strutture. Va infatti ricordato che lo SPRAR è l’unico sistema di accoglienza che ha fissato standard rigorosi di erogazione dei servizi unitamente a un ferreo controllo della spesa prevedendo una rendicontazione di tipo analitico che esclude per gli enti gestori alcun margine di guadagno.
L’esistenza dello SPRAR sistema che esiste da oltre sedici anni e che era stato considerato da tutti i governi (compresi quelli di centro-destra) come il sistema “modello” da presentare in Europa, ha dimostrato che solo l’accoglienza in strutture diffuse seguite da personale qualificato in numero adeguato e attraverso una adeguata distribuzione sul territorio dei richiedenti asilo agevola autonomia ed indipendenza delle persone, da un lato, ed i processi di integrazione, dall’altro, eliminando alla radice l’insorgere di tensioni sociali che si verificano quando (come nell’ambito della prima accoglienza ed in quella straordinaria) grosse concentrazioni di richiedenti asilo convivono in comunità locali anche molto piccole in relazione alla popolazione residente. L’impianto normativo vigente che prevede lo SPRAR quale sistema unico di accoglienza (sia per i richiedenti asilo che per i rifugiati), che pure andrebbe riformato prevedendo un effettivo pieno trasferimento ai Comuni delle funzioni amministrative in materia di accoglienza, appare aderente al nostro impianto costituzionale (artt. 118 e 119) nella misura in cui prevede che allo Stato spetti la gestione di quegli aspetti che richiedono una gestione unitaria (salvataggio, gestione degli arrivi e della prima accoglienza, piano di distribuzione, definizione di standard uniformi). Una volta che il migrante ha formalizzato la sua domanda di asilo tale esigenza di unitarietà risulta ridotta e la gestione effettiva dei servizi di accoglienza, protezione sociale, orientamento legale e integrazione sociale può invece essere assicurata (con finanziamenti statali) dalle amministrazioni locali alle quali spettano in generale tutte le funzioni amministrative in materia di servizi socioassistenziali nei confronti tanto della popolazione italiana che di quella straniera.
Sostenere, come sembra fare il Governo, che in fondo lo SPRAR non verrebbe interamente abrogato, ma solo trasformato in un sistema di accoglienza dei soli rifugiati e non più anche dei richiedenti asilo (i quali rimarrebbero confinati nei centri governativi) rappresenta una spiegazione a dir poco debole e fuorviante perché omette di dire che proprio la sua caratteristica di sistema unico di accoglienza sia dei richiedenti che dei rifugiati dentro un’unica logica di gestione territoriale è ciò che ha reso lo sprar un sistema efficiente e razionale.
L’eliminazione dello SPRAR a favore delle strutture emergenziali erogatrici solo di servizi essenziali fa emergere un’ulteriore violazione dell’art. 117, comma 1 Cost. nella parte in cui si violano gli artt. 17 e 18 sulle condizioni di accoglienza della direttiva 2013/33/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 giugno 2013 recante norme relative all’accoglienza dei richiedenti protezione internazionale”.

Tomaso Bassani
tomaso.bassani@varesenews.it

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Pubblicato il 26 Settembre 2018
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