Microplastiche: la nuova “peste” inquina anche il Ceresio

Secondo i dati presentati questa mattina dal Dipartimento territorio, la concentrazione di questi inquinanti nel Ceresio è il doppio della media rilevata nelle acque svizzere

Avarie

Nemmeno il lago Ceresio è immune dall’inquinamento da microplastiche. Anzi, secondo lo studio avviato lo scorso anno dal Dipartimento del territorio, i cui risultati sono stati presentati questa mattina a Bellinzona, la concentrazione di questi inquinanti nel lago che bagna Svizzera e Italia, è il doppio della media che è stata rilevata nelle acque della Confederazione.

Secondo i risultati dello studio, nelle acque del Ceresio sono stati rinvenute 213.500 particelle di microplastiche per chilometro quadrato, quasi la stessa quantità misurata nelle acque del Lago Maggiore e del lago Lemano, dove la presenza di particelle si attesta su 220.000 per chilometro quadrato.

Particelle che vanno da frammenti minuscoli (da 0,3 a 1 mm) a pezzetti superiore a 5 millimetri, e che hanno provenienze diverse: dai brandelli di sacchetti di plastica e altri film plastici ai residui di fili da pesca, da fibre di tessuti sintetici a palline di polistirolo, fino a frammenti di pneumatici e persino residui di detergenti e prodotti cosmetici contenenti microgranuli con funzione abrasiva.

La presenza di questi inquinanti può essere primaria o secondaria, ha spiegato Nicola Solcà, responsabile dell’Ufficio della gestione dei rischi ambientali e del suolo del Dipartimento territorio: primaria quando si tratta di particelle minuscole appositamente prodotte ed inserite in alcuni prodotti (come appunto i detergenti e i prodotti abrasivi), secondaria quando questi frammenti sono il risultato della degradazione di prodotti in materiale plastico ridotti in parti sempre più piccole, ad esempio dall’azione dell’acqua.

Ed è proprio questa presenza “secondaria” la causa maggiore di inquinamento, stando alle quantità ritrovate nelle acque del Ceresio.

Quali siano le conseguenza di questa presenza nelle acque dolci è ancora da capire, dal momento che gli studi in materia sono pochi. Dunque, dopo questa prima fase di analisi iniziata nel 2014, si tratta di continuare il monitoraggio, includendo anche studi sulla presenza di “nanoplastiche, ovvero – come ha spiegato il professor Luiz Felippe de Alencastro, che è stato direttore del Central Environmental Laboratory della Scuola politecnica federale di Losanna – quelle particelle ancora più piccole, misurabili in millesimi di millimetro”.

Secondo il consigliere di Stato e direttore del Dipartimento del territorio Claudio Zali, ad oggi un problema così complesso non può essere affrontato che affiancando più azioni, dal monitoraggio del fenomeno al potenziamento degli impianti di depurazione, ma anche con una sensibilizzazione della cittadinanza e iniziando a definire un quadro legislativo per normare questa nuova tipologia di inquinamento, di cui si sa ancora troppo poco.

Qui il testo dello studio presentato a Bellinzona

 

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Pubblicato il 10 Gennaio 2019
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