Nella casa della Dama con l’Ermellino
A Villa Medici del Vascello visse la musa di Leonardo, Cecilia Galleani (fu anche contessa di Saronno). Alla sua figura è dedicato oggi un percorso multimediale nella residenza recuperata dall'abbandono
Rubò il cuore di Ludovico il Moro e Leonardo Da Vinci, che ne fece il soggetto di uno dei suoi più celebri dipinti, la rese immortale.
Cecilia Gallerani, “La Dama con l’Ermellino”, è oggi, nell’anno che celebra i cinquecento anni dalla morte di Leonardo, la protagonista di un itinerario dedicato alla sua figura, all’interno della Villa Medici del Vascello del comune di San Giovanni in Croce, in provincia di Cremona.
UNA DAMA BELLA, INTELLIGENTE E COLTA
Contessa di Saronno e moglie del conte Ludovico Carminati de’ Brambilla, detto “il Bergamino”, feudatario del castello di San Giovanni in Croce, Cecilia Gallerani è una delle figure femminili più interessanti e affascinanti del Rinascimento milanese, non solo per la sua straordinaria bellezza: «Era nota per essere una donna intelligente e colta – racconta Laura Nardi, responsabile delle attività di Villa Medici del Vascello – e il suo ritratto è oggi una delle opere più celebri che identificano Leonardo Da Vinci, al pari della Gioconda. “Amantissima mia diva” è l’appellativo con cui Leonardo si rivolgeva a Cecilia, a dimostrazione dell’affetto e dell’amicizia che li legavano».
TRASFORMO’ LA DIMORA IN UNA RESIDENZA SIGNORILE
Amante di Ludovico il Moro e a lungo tra le sue favorite, fu allontanata dalla corte milanese a seguito delle nozze del Duca con Beatrice D’Este: «Ludovico teneva molto alla Gallerani e probabilmente era ancora innamorato, per questo cercò per lei un buon partito, offrendola in sposa a un feudatario di San Giovanni in Croce. Cecilia ricevette in dono (oltre al feudo di Saronno e ad altri possedimenti, ndr) anche il castello, oggi Villa Medici del Vascello che divenne la sua residenza nei mesi estivi in cui si trovava lontano da Milano. Il tocco della Gallerani fu evidente: fu colei che trasformò la dimora, originariamente a vocazione militare, in una residenza signorile ingentilendo e decorando la struttura. La sua villa divenne anche il centro degli interessi della dama che, proprio per la sua passione per la cultura, radunava artisti, poeti e intellettuali. Era inoltre a poca distanza da Mantova e questo le permetteva di mantenere i suoi rapporti con i Gonzaga e i D’Este».
IL GIARDINO BOTANICO
Nell’Ottocento, la villa si arricchì di un grande parco di dodici ettari: un giardino all’inglese che ospita un laghetto panoramico e vari edifici in stili differenti. Il parco è un vero gioiello per gli appassionati di botanica e non solo: molteplici sono infatti le specie arboree e arbustive presenti, tra cui alcune piante esotiche tra le prime importate in Europa, che hanno saputo creare l’habitat ideale per una fauna variegata tra cui tassi, volpi e aironi.
IL RECUPERO DELLA VILLA E IL PERCORSO DEDICATO ALLA DAMA CON L’ERMELLINO
Come molte residenze storiche private, anche la Villa nel Cremonese visse momenti di splendore e altri di declino. «Nel Novecento – sottolinea Laura Nardi – la dimora attraversò un periodo di decadenza e nella seconda parte del secolo rischiò anche il crollo. Nel 2005 venne però acquistata dal Comune che iniziò un lungo e importante lavoro di restauro e recupero che portarò alla sua riapertura al pubblico nel 2014». Oggi la proposta che viene offerta ai visitatori riunisce quelle che sono state le diverse anime del luogo ma la vita di Cecilia Gallerani ne è senza dubbio il cuore. «La storia della villa è soprattutto la storia di Cecilia Gallerani e per questo abbiamo ideato il nuovo percorso multimediale dedicato alla Dama con l’ermellino, un itinerario che va anche a indagare la sua vita, le passioni, gli amori, l’attenzione per la moda, la sua grande cultura».
IL SOGNO DI OSPITARE L’OPERA DI LEONARDO
La Dama con l’Ermellino è esposta oggi a Cracovia, al Museo Nazionale, e quello di vederla tornare “a casa” è solo un sogno nel cassetto: «Sappiamo cosa comporta a livello di costi e di impegno ospitare un’opera come quella – conclude Nardi – ma sarebbe meraviglioso e si sa, i sogni per essere tali devono essere in grande».
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