Violenze e telecamere
Si susseguono maltrattamenti nelle strutture per l’infanzia. Non basta indignarsi o chiedere più controlli. Quei servizi vanno valorizzati a partire dalla condizione di chi ci lavora
Episodi di violenze e maltrattamenti negli asili nido e nelle scuole materne. Fatti gravissimi e che fanno male.
I tg ne danno ampio risalto con servizi di vario genere che utilizzano immagini delle telecamere piazzate dalle forze dell’ordine.
Nell’ultimo mese ci sarebbero stati undici casi. Dallo sgomento delle prime volte si passa all’indignazione e ora si rischia l’assuefazione.
“Nelle immagini si vede la maestra che strattona la piccola che viene messa in punizione. Sentite come urla – racconta la giornalista e in sottofondo si sente la bambina che grida e piange disperata – mentre la sua collega prosegue come niente fosse”.
La proprietaria è stata arrestata.
Di fronte a questi fatti si leva una sola voce: “Mettete le telecamere perché dobbiamo tutelare i nostri bambini”.
È raro che si parli delle condizioni in cui lavorano le educatrici, che si apra una riflessione sull’importanza dei servizi all’infanzia.
Un’educatrice in regola, nelle strutture private, gestite spesso da cooperative, guadagna 1000 euro al mese. La retribuzione netta fissata dalla Regione Lombardia è di sette euro all’ora.
Le classi delle scuole materne prevedono una insegnante ogni 29 bambini.
Questo non giustifica violenze o inadempienze, ma qualche domanda dovremmo farcela perché in quei luoghi si costruisce parte del nostro futuro. Come è possibile indignarci se non diamo una vera priorità a quelle attività?
Ogni nuovo episodio dovrebbe essere accompagnato anche da analisi sulle condizioni generali dei servizi.
Altro che telecamere.
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