Il progetto di rinascita della “scuola di Dario Fo”
L’immobile si trova a Bassano, frazione di 28 abitanti, e fino agli anni ‘70 era parte di un sistema di “scuola diffusa”
È un po’ come pensare alla palazzina che ospita le elementari, solo che al posto dei piani ci sono le frazioni di un paese.
Così era a Tronzano Lago Maggiore, e al piano più alto, a Bassano c’è un immobile che ospitava le scuole un tempo frequentate dal premio Nobel Dario Fo.
Il fatto, che può forse far sorridere se raffrontato al peso di una comunità di sole 28 persone – è quanti sono i residenti della frazione – e in un paese di 264 abitanti, è uno dei temi della minuta campagna elettorale di questo paese, poiché risulta tra le righe del programma di uno dei tre candidati.
Ma in realtà la questione degli immobili appartenenti alle comunità e che diventano spazi pubblici e di cultura costituisce uno spunto di riflessione che supera i confini imposti dalla geografia e dai residenti: a pochi chilometri di distanza, a Luino, si stanno per ultimare i preparativi per l’inaugurazione di un altro edificio blasonato, Palazzo Verbania. Così, nel suo piccolo, anche quello che tutti chiamano come l’Asilo di Bassano può diventare centrale per questo paese.
C’è stato infatti un periodo in cui la frazione montana di Bassano vantava una copiosa comunità che si serviva di questa struttura come tessera di un mosaico di cui era composta l’offerta scolastica oggi chiamata “primaria”, da sempre le elementari.
Scriveva infatti lo stesso Dario Fo (che visse la sua giovinezza in modo itinerante per via del lavoro del padre ferroviere), premio Nobel nel 1997, nel suo “Il Paese dei Mezarat”:
… Eravamo nel ’32: io avevo compiuto i sei anni e dovevo andare a scuola. La scuola elementare di Pino non era molto prestigiosa: c’erano solo le prime tre classi e per frequentare le altre due bisognava salire fino a Tronzano, che stava a seicento metri d’altezza…
… Quell’inverno era nevicato più del solito. Per salire alla scuola si dovevano inforcare gli sci. Io e mio fratello Fulvio avevamo imparato a muoverci su quegli aggeggi abbastanza rapidamente. Non si trattava certo di sci come li intendiamo oggi: erano “tappelle”, cioè tavole di legno scolpite alla bell’e meglio che si assicuravano agli scarponi con cinghie e molle molto rudimentali. Non servivano a fare sport, ma soltanto a spostarci evitando di affondare nella neve. Le racchette erano bastoni di frassino con due cerchietti di vimini infilati sul fondo”.
Altri tempi, si dirà. Ma questo concetto di “scuola diffusa” per i piani del paese rimase in realtà in vigore fino alla metà degli anni ‘70 (sebbene la scuola di Bassano chiuse i battenti già nel 1963).
Denatalità, e l’esigenza di una riorganizzazione scolastica fecero in maniera graduale il resto fino ad arrivare, attorno a una decina d’anni fa, alla chiusura delle scuole elementari. In paese rimane un solo asilo, privato (nella foto qui sotto, il panorama).
Resta quindi l’immobile dove fece le elementari Dario Fo: che farne?
La proprietà dello stabile, che non è piccolo ed è disposto su più livelli, dal punto di vista catastale appartiene ai residenti della frazione di Bassano, ma in realtà non esiste più alcuna forma giuridica che detenga la proprietà.
Da qui l’idea (per dovere di cronaca del candidato Antonio Palmieri, ex sindaco) di arrivare a prendere una decisione, per stabilire cosa fare della struttura: al piano superiore vi è lo spazio per due appartamenti, al livello inferiore potrebbe ricavarsi il volume per una sala eventi a disposizione della collettività.
Progetti, idee. A Bassano si arriva anche in auto, ma una volta c’era la sola mulattiera, tanto che la strada venne asfaltata nel 1972. Questo luogo si innesta lungo la antichissima mulattiera ancora esistente e molto suggestiva che serviva per arrivare a piedi fino al Lago Delio: il percorso è parte del “Sentiero Italia” del Cai (foto sopra), battuto ogni anno da migliaia di escursionisti e turisti che si spingono fin quassù per godersi lunghe passeggiate e panorami mozzafiato.
Chissà che la “Scuola di Dario Fo” non diventi meta di un pellegrinaggio culturale che sappia anche insegnare in che modo si viveva quell’evento unico nella vita, che è il tempo della scuola.
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