Varese e Busto Arsizio, due repubbliche che si ignorano
Pierfausto Vedani traccia l'identikit di due città che non hanno mai avuto grandi rapporti anche per colpa della politica nazionale che considera la nostra provincia come un semplice serbatoio di voti
Invisibile, esiste da quasi un secolo un muro che divide la nostra provincia in due repubbliche autonome, con tradizioni e lingua diverse. Varese e Busto Arsizio non si contrappongono ma si ignorano, condividendo tormentati percorsi ferroviari (FS) e stradali dove per il traffico e l’inadeguatezza degli impianti non mancano blocchi che possono in qualche misura ricordare il ben più noto muro di Berlino.
La modesta storia dei rapporti tra le due città e i loro territori risale nel tempo. Da sempre Busto “guardava” più all’Alto Milanese e la nascita nel 1927 della provincia, con Varese capitale, non ha suscitato entusiasmi e indotto a mutare rapporti, sempre ineccepibili e cortesi ma non in linea con le potenzialità e i risultati delle due grandi comunità.
Anche le più singolari e tenaci tradizioni e regole possono avere delle eccezioni: nel caso di Busto e Varese, poli fondamentali per la crescita e la difesa di interessi comuni, si è intelligentemente superato antiche barriere nel campo economico e della comunicazione. Se oggi il pianeta industriale della nostra provincia fa parte della élite nazionale lo si deve alla unificazione delle associazioni locali, da sempre corpo e anima nella battaglia per il progresso, al quale ovviamente contribuiscono le altre componenti del mondo del lavoro.
Busto Arsizio prima di realizzare a Castellanza l’attuale gioiello universitario della Liuc chiese a Palazzo Estense se il progetto interessasse: Varese fece il bis dell’inefficienza pure dopo la morte del grande imprenditore Achille Cattaneo a metà degli Anni 60: seppe infatti perdere lo storico quotidiano “La Prealpina”, rilevata da un altro industriale, il bustese Stefano Ferrario, che fu una guida abile e intelligente di un giornale che era ed è orgoglio dei varesini. Ancora oggi la famiglia Ferrario in un panorama nazionale di difficoltà per la carta stampata segue un percorso editoriale positivo, nel segno di un’abile presenza sul mercato fatta anche di equilibrio rispettoso delle varie realtà. Non ricordo gesti eclatanti di Varese nei confronti di Busto, ma negli ultimi anni abbiamo trasmesso segnali particolari con il disastro della sanità causato dalla Regione grazie al progetto dell’”ospedale unico”.
Le istituzioni bustesi si sono dimostrate più abili e combattive delle nostre. Come è accaduto anche in passato, oggi le due città hanno belle persone come sindaci. Sarebbe molto positivo l’avvio di una migliore reciproca conoscenza tra Busto e Varese, procedendo anche a piccoli passi, parlando di cultura, di storia del presente e magari di una parte del futuro da condividere.
Se dal mondo del lavoro, sindacati compresi, sono arrivati segnali molto positivi , è possibile che ne arrivino anche dalle giunte comunali. Alle quali di questi tempi Roma e Milano creano problemi, non da poco, perché ci credono tranquillo serbatoio di voti. Ci siamo ritrovati infatti con Salvini impegnato su molti fronti ma non su quello, certamente piccolo ma problematico, di Varese. E oggi si scopre che il cavalleggero di Arcore, un tempo cavaliere d’Italia e anche d’Europa, si è ritrovato qui da noi il partito gestito da personaggi di basso profilo e ben lontani da un’etica politica. Che dica e faccia qualcosa di nuovo e concreto per una delle migliori province di Lombardia e Italia.
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