Arsago Seprio e i suoi tesori, dai longobardi al medioevo
Il suo museo archeologico e il complesso della Pieve sono i tesori di un piccolo centro la cui storia parte dagli insediamenti palafitticoli e prosegue con l'epoca romana
Due millenni di storia, ad Arsago Seprio: la necropoli longobarda e il complesso della Pieve sono testimonianze della ricca e variegata storia del centro abitato, le cui prime tracce risalgono però a milioni di anni fa e passano attraverso l’età romana.
Qui hanno vissuto a lungo i longobardi e la famiglia degli Arnolfi: è questo il periodo che più lascia tracce nel patrimonio arsaghese. La scoperta della necropoli longobarda avvenuta negli anni Settanta ad Arsago Seprio ha portato alla luce la ricchezza della civiltà e, in particolare, del suo ceto abbiente, secondo alcuni studi molto vicino alla corte di Pavia. Tutto ciò è avvenuto in maniera causale: nel ‘72, durante l’ampliamento della scuola Dante Alighieri, sono state ritrovate le tombe, che comprendono anche sepolture di cavalieri e armigeri longobardi.
«Quella ritrovata ad Arsago Seprio – ci spiega Marina de Marchi, archeologa conservatrice del museo comunale – è una necropoli che risale alla fine del VI secolo ma continua a essere frequentata fino alla metà del VII secolo, quindi ha una lunga durata con gruppi cronologicamente differenziati. È stata scoperta in tre diversi scavi, ma non è stata mai scavata integralmente; una parte di essa è ancora nascosta». Il nucleo di tombe ammonta a 26 sepolture suddivise per gruppi famigliari (di cui fanno parte uomini, donne e bambini), ma il sito non è ancora stato scavato per esteso. Infatti, come racconta Luigia Vanoni – referente locale del museo – tutto è nato dalla scoperta della necropoli durante i lavori di ampliamento della scuola, «è stato chiamato mio marito, Carlo Mastorgio, che era ispettore onorario di zona: tre tombe erano state distrutte, ma la successiva scoperta di altre ventisei ha consentito di riportare alla luce la parte di necropoli rimasta. Pochi anni dopo, tra il 1975 ed il 1978, venne alla luce la necropoli romana di via Beltrami e si decise appunto di creare un museo, inaugurato nel 1983 e poi ampliato nel 1991».
“Si tratta – racconta Martino Rosso, ex assessore ed esperto del patrimonio arsaghese – di una delle poche necropoli longobarde visibili nel nord Italia. A testimoniare l’agiatezza dei defunti qui sepolti abbiamo gli armamenti longobardi, tra cui spade in ferro damascinato, coltelli da combattimento, speroni di ferro ageminati; la parte più bella è una placchetta, probabilmente di origini bizantine, che testimonia la vicinanza tra le due civiltà. E poi abbiamo ritrovato i corredi funerari, spesso impreziositi da croci in oro”.
Il 2018 è stato l’anno del millenario di Arnolfo II da Arsago, arcivescovo di Milano che morì nel 1018 d.C.. A lui, in paese, sono state dedicate tantissime iniziative: gite culturali a Milano, laboratori per bambini, un convegno. Oltre che alla dedica del largo antistante il museo archeologico.
La figura di Arnolfo, dall’epoca longobarda, ci porta in pieno Medioevo. In questo periodo fu realizzato il più importante monumento arsaghese: il complesso della Pieve, dove si trovano la chiesa di San Vittore e il battistero di San Giovanni: «Il battistero – spiega Martino Rosso – è forse l’edificio più interessante di Arsago. È altamente simbolico: tutto, qui, rimanda al numero otto. Otto è il numero della resurrezione, l’ottavo giorno a conclusione della settimana santa. È ottagonale, e la decorazione dei capitelli rimanda sempre alla resurrezione». «I battezzandi entravano da nord, dalle tenebre, e dopo aver ricevuto il battesimo, uscivano da sud. Alcuni elementi interni, come i capitelli e le colonne, sono stati realizzati con materiali di epoca romana».
L’area arsaghese ha subito l’influenza di Milano. Civile ed ecclesiastica. Come ci spiega il prevosto don Giuseppe Bai, «l’evangelizzazione delle campagne risale già ai tempi di Ambrogio. Di qui passava un diverticolo della strada Mediolanum-Verbanus, la ‘autostrada della antichità’ che collegava Milano e il Lago Maggiore». Arsago – continua – ha davvero un grande patrimonio da custodire e valorizzare, rendere accessibile. «Il battistero è aperto al mattino fino alle 12 e alla domenica, vorremmo creare un sito per poter divulgare le informazioni sul complesso monumentale». Il complesso della Pieve è anche luogo pienamente inserito nella vita del paese: è la chiesa parrocchiale, alle sue spalle si trova l’oratorio comunale, con il campo da calcio sempre molto frequentato dai bambini.
Nel battistero è stata portata anche la epigrafe di Arnolfo, altro esponente della famiglia longobarda degli Arnolfi, che venne sepolto il 12 aprile 893 d.C. La lapide sepolcrale è stata trasferita dalla chiesa di Santa Maria in Monticello, altro luogo sacro di antichissime origini.
La chiesa di Santa Maria in Monticello, raggiungibile dal complesso in pochi minuti a piedi, è stata poi rifatta nel Settecento e conserva esternamente minime tracce del suo antichissimo passato. All’interno conserva invece «tracce di affreschi d’epoca ottoniana con un finto velario, una serie di dottori e sopra una architettura e una possibile natività», ci racconta il prevosto Bai.
La piccola Arsago ha quindi molto da offrire. Oltre ai suoi monumenti e al suo ricco museo, ogni anno si realizzano molte attività culturali. Questo anche grazie all’intensa attività della biblioteca comunale, con i suoi laboratori rivolti soprattutto ai bambini. Come ci spiega la bibliotecaria Sandy Bertuol, «almeno un paio di volte l’anno proponiamo laboratori anche dentro il museo archeologico. L’anno scorso, in occasione del millenario dell’arcivescovo Arnolfo II, ci siamo impegnati per far conoscere questo personaggio agli arsaghesi con diverse attività».
I primi insediamenti, poi, risalgono alla preistoria, con le palafitte sorte nelle aree umide, quelle della Palude Pollini, della Lagozza, della Lagozzetta (i reperti archeologici sono al museo). Aree frequentate ancora oggi e che soprattutto sono radicate nell’identità del paese. «Nel XVIII secolo siamo stati invasi dalle rane provenienti dalle aree umide: da allora è rimasta nella memoria con il soprannome affibbiato agli arsaghesi, “Sciàt”» racconta l’assessore Mirco Garzonio. «E con il nome Sciat viene definita anche l’onoreficenza a un arsaghese che si è particolarmente distinto». Quanto ai longobardi, hanno lasciato il segno nella denominazione di uno dei quattro rioni del Palio, frequentata manifestazione comunitaria. Gli altri tre rioni sono invece dedicati alle chiese arsaghesi. Secondo alcuni studiosi, gli edifici religiosi sono disposti intorno al centro abitato più antico, come le grandi basiliche di Milano.
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