Nei circoli serranda abbassata o chiusura presto. Tra incertezze e stipendi da pagare
In alcune realtà Acli e Arci sono gli unici presìdi sociali, nelle città circoli e cooperative sono luoghi d'incontro e anche l'aspetto economico non è da sottovalutare, tra gestori e dipendenti diretti
«I circoli sono un vero presidio sociale, in alcune località sono l’unico luogo di ritrovo». Con le nuove norme straordinarie per il contenimento del coronavirus anche il mondo dei circoli e delle cooperative – dai paesini di montagna ai quartieri di città – sono messi sotto pressione, anche economicamente.
«Per noi più della metà dei circoli a livello nazionale è chiuso, il problema esiste ed è serio» dice Mauro Sabbadini, di Arci Varese. Lo è anche da un punto di vista economico: «Nella nostra provincia l’impatto è minore, ma circoli con rapporti di lavoro ci sono. E i circoli per loro natura hanno scarsa disponibilità finanziaria, alcuni potrebbero avere problemi».
Le realtà, va detto, sono molto diversificate. L’Arci ha circoli aperti ai soli associati, ma anche dentro a questo mondo ci sono realtà molto differenti, che rientrano in fattispecie diverse, secondo l’ordinanza sul coronavirus. «Ci sono circoli storici, frequentati da anziani e gestiti da volontari, come a Gorla Maggiore e Caronno Varesino, che chiudono alle 18 e in ogni caso non faranno iniziative almeno al 1°marzo» continua Sabbadini. «Sono chiusi i circoli che fanno attività cinematografica: Filmstudio ’90, con le due sale, e Area 101 di Olgiate Olona».
Chiuso anche il circolo di Galliate Lombardo (che fa anche ristorazione, ma non è un ristorante), così come il circolo più grande – in termini di associati – della provincia, il Gagarin di Busto, da cui dipendono anche alcuni posti di lavoro : «Abbiamo optato per una settimana di lavori interni, con la conversione delle ore di lavoro dei dipendenti in altre attività di pulizia e manutenzione straordinaria» spiega Francesco Tosi, del circolo di Busto Arsizio.
Il circolo GagarinTutt’altro mondo alcuni circoli in realtà molto piccole, quelle – appunto – dove il circolo è l’unico spazio sociale. Vale per quello Arci come Crosio Della Valle (che lunedì è rimasto chiuso) e vale per i circoli Acli delle valli del Luinese. «Noi abbiamo dato indicazioni di tenere chiuso» spiegano dalle Acli provinciali. I circoli “con mescita” sono una ventina.
Anche negli spazi Acli, come nel caso dell’Arci, sono invece rinviare tutte le attività sociali, comprese le assemblee, con il rischio di un rallentamento del tesseramento, che non ha un impatto immediato ma è importante per assicurare continuità all’associazionismo.
Il circolo Arci di Cascina Mentasti, a Varese, in una foto d’archivio: anche questo circolo oggi ha sospeso l’attivitàAltro capitolo, quello delle cooperative. Là dove si parla di locali aperti al pubblico, hanno la possibilità di aprire, ma sono costretti ad abbassare la serranda alle 18, se non sono anche ristoranti. Così accade spesso in storiche cooperative di quartiere nelle città, gestire direttamente o più spesso affidate a un geerente, ad esempio a Gallarate. Per far quadrare i conti si fa qualche modifica: «Noi chiudiamo alle 18, ma terremo aperto anche il mercoledì che normalmente è giorno di chiusura» spiega ad esempio Francesco Pennisi, del circolo di Cajello a Gallarate.
Il cortile esterno del circolo di CajelloStop invece dove si fa attività aggregativa serale. «Siamo chiusi per tutta la settimana, abbiamo annullato i corsi, un evento privato, lo spettacolo di giovedì e un concerto di sabato come da ordinanza. Ora aspettiamo nuove disposizioni», spiega Stefano Morandini di Cantine Coopuf di Varese.
In mezzo, quei circoli coooperativi che mantengono la ristorazione, ma fermano ogni altra attività: «Noi teniamo aperto a pranzo come ristorante con tavoli, senza servizio al banco. E ovviamente non facciamo manifestazioni e spettacoli serali» spiega Enrico Franzioni, della Casa del Popolo di Cardano al Campo, che gestisce il circolo Quarto Stato. «Per ora va così». Con un po’ di preoccupazione, perché anche qui ci sono stipendi da pagare.
Associazioni e associazioni di categoria mettono in chiaro: «Le norme si rispettano». Ma come per gli altri settori andrà cercato un equilibrio tra esigenze di prevenzione ed esigenze economiche, più o meno immediate.
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