Il discorso di Conte “una speranza disattesa”
C’era grande fermento nell’attesa di sentire quelle parole illusoriamente agognate che ci avrebbero riportato alla normalità. Quella normalità cosi difficile da definire, opaca e sbiadita nella nostra mente per effetto del tempo e dalla quasi totale privazione di stimoli. Avevamo molta speranza ed è stata disattesa. Ci sentiamo dimenticati, abbandonati e trascurati. Ci siamo abituati a considerarci vittime circostanziali di avvenimenti incomprensibili e complessi. Però dovremmo chiederci: chi mai ci ha fatto credere che le cose per noi sarebbero cambiate? Chi se non noi stessi, assai poco lucidi e lungimiranti, ci avrebbe ingannato promettendoci un futuro immediatamente più roseo?
Mi rivolgo a tutti i ragazzi che come me non apparteniamo alle categorie vulnerabili e tantomeno a quella forza lavoro in grado di produrre reddito. Per quale motivo eravamo convinti che saremmo stati al centro del dibattito politico? Per quale motivo le risorse dovrebbero essere convogliate a nostro vantaggio? Con quale arroganza e sicumera ci arrabbiamo manifestando la nostra delusione? Noi, che siamo abbastanza forti da essere immuni e allo stesso tempo incapaci di generare ricchezza per il nostro paese. Perché mai dovrebbero occuparsi di noi? Siamo intrappolati in un limbo, incapaci di ammalarci e incapaci di guarire gli altri. Non c’è bisogno di pensare a noi, non ora.
Le cose non sono cambiate? Oh no, al contrario, sono cambiate moltissimo. Anche se a rilento, riparte finalmente l’economia, si torna a produrre ricchezza per le imprese e le famiglie. Possiamo tornare a pagare le tasse necessarie per la sanità pubblica e l’istruzione a distanza. Quelle tasse che impediscono un indebitamento eccessivo che dovremo essere noi a estinguere in futuro. Possiamo tornare a rivedere i nostri cari. Abbiamo un più ampio raggio di movimento.
Perché ci lamentiamo che le disposizioni sul comportamento siano cosi poco chiare, aleatorie e a volte controverse? Come sempre tutto si riduce alle nostre azioni. Dobbiamo appellarci alla nostra coscienza. È straordinario che una crisi globale sia risolvibile sopratutto attraverso semplici regole di educazione e igiene. Fa riflettere. L’individuo da una parte e i mondo dall’altra, come somma di tutti i comportamenti. Cosa possiamo fare allora noi reietti del caso? Impariamo a pensare e riflettere, impariamo a leggere e documentarci, impariamo a discutere e argomentare. Dobbiamo essere consapevoli del nostro ruolo e della nostra rilevanza, tenerci sempre al passo per farci trovare pronti quando finalmente saremo chiamati in causa; anche questo fa parte del processo di maturazione e crescita.
Non dobbiamo annichilire davanti all’incertezza della crisi, non possiamo farci vincere dall’horror vacui della quarantena. È facile cadere agonizzati di fronte un presente incerto e un futuro caotico e disordinato, ma non possiamo permettercelo. Nel frattempo lasciamo che gli altri facciano quello che devono fare. Cos’è cambiato dunque? Tutto, è cambiato tutto, però noi per ora non ne facciamo parte ed è giusto così.
Matteo Argenti
(Foto di Emanuele Santagostino)
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