Olimpiadi, rinvio inevitabile. Ora va salvato lo sport di base
La rubrica di Daniele Cassioli - Terminato il lungo "balletto" sulle date dei Giochi: la speranza è che i grandi veterani azzurri reggano per un altro anno. E mentre il calcio litiga, c'è timore per l'attività minore
Finalmente, dopo vari tira e molla, è diventata una notizia ufficiale: Tokyo 2020 quest’anno non ci sarà. Purtroppo.
Diciamoci la verità, la notizia era nell’aria da tempo e solamente l’esercizio di ottimismo del Comitato Olimpico Internazionale ha rimandato questa decisione. Inevitabile, vista la globale situazione di emergenza e incertezza.
TEMPOREGGIARE INUTILE – Si era partiti con uno sbilenco valzer di date possibili, inaugurato dal rumor di posticipare di pochi giorni le Olimpiadi. Nelle intenzioni avrebbero dovuto avere luogo al posto delle Paralimpiadi, a loro volta rimandate di qualche settimana.
E più la realtà ci faceva comprendere l’imprevedibilità del momento e più il CIO si affannava a cercare di prevedere nuove date. Si è parlato anche di ottobre e, a più riprese, si è cercato di comunicare che, anche se fosse cascato il mondo, avremmo comunque visto i Giochi Olimpici e le Paralimpici prima della fine dell’anno solare.
Mantenere come event branding la denominazione “Tokyo 2020” è sicuramente una necessità per cercare di contenere le gravi perdite di introiti. Ci sono, infatti, una marea di interessi economici che girano attorno a olimpiade e paralimpiade. Ogni mossa organizzativa e comunicativa può salvare almeno una parte di tutto questo indotto.
Fa sorridere che nella dichiarazione che accompagna l’annuncio del rinvio si faccia riferimento alla salvaguardia della salute di atleti e personale. Questo sarebbe il motivo principale della decisione quando, a onor del vero, la causa fondamentale di questo rinvio, procrastinato il più possibile, è che non si possa fare altrimenti.
Ora che le Federazioni di mezzo mondo iniziano a tirarsi indietro, adesso che il pianeta vive una paralisi generalizzata, come si poteva pensare di portare avanti tutta la macchina organizzativa? Oltretutto molti atleti non possono allenarsi. Sono saltate gare valevoli per le qualificazioni. Soprattutto, almeno stando al momento in cui scrivo, tutto c’è, fuorché lo spirito di mettersi in viaggio per andare a fare una competizione. A tutti i livelli e in quasi tutti gli Stati del mondo.
PATTO CON IL DIAVOLO – Eppure il Primo Ministro giapponese, Shinzo Abe, e il presidente del Cio, Thomas Bach, hanno temporeggiato. Probabilmente per salvare il salvabile e per trarre il meglio dai molteplici cavilli che compongono i contratti di sponsorizzazione, assicurazione e gestione dei diritti TV.
Perdiamo tanto senza questi Giochi a livello di emozioni ed entertainment, mentre in ambito nostrano abbiamo mostri sacri a fine carriera come Federica Pellegrini o Tania Cagnotto. A loro e ad altri auguriamo di vivere il famoso patto col diavolo. È innegabile, infatti, che a quei livelli anche un anno in più sulla carta d’identità faccia la differenza. Soprattutto per sport in cui, oltre al talento, sono indispensabili resistenza ed elasticità per rimanere su standard planetari. Abbiamo professori d’immortalità nel calcio, penso a Francesco Totti o a Zlatan Ibrahimovic. Solo che nel nuoto, ad esempio, non si può decidere di non tornare in difesa o di giocare metà partita. In alcuni sport bisogna spingere come dannati sempre e comunque e noi tutti ci auguriamo che i nostri porta-colori sapranno farlo anche nel 2021, con un anno in più. Quel che è certo è che lo sport rischia di risultare vittima degli sponsor e non parte attiva e socialmente indispensabile per il nostro Pianeta.
NON DIMENTICHIAMOCI LO SPORT DI BASE – Pare non esserci, infatti, una vera unità d’intenti nella gestione di questa emergenza dalla quale, contratti a parte, bisogna uscire, incrementando la centralità dello sport nella nostra civiltà. Mentre la Serie A di calcio litiga al suo interno, mentre si discute su come recuperare partite, gare ed eventi andati momentaneamente perduti, c’è un mondo non meno importante che rischia il collasso senza possibilità di ritorno. Mi riferisco al contesto dilettantistico, allo sport di base e ai settori giovanili di tutte le discipline.
Se è complicato ripartire per lo sport benestante, figuratevi quanto sia impervio il cammino delle piccole società sportive, quelle in cui magari giocano i vostri figli. Iscrizioni sospese, attività congelate, un’incertezza sui camp estivi che sono uno dei più grandi serbatoi di risorse economiche per le realtà locali.
Allora, mentre si discute dell’andamento dei grandi eventi sportivi, mentre si cerca di “salvare capre e cavoli” soprattutto di matrice economica nello sport professionistico, sarebbe corretto valutare come ridurre l’impatto di questa crisi anche sullo sport di base, perché, ricordiamocelo sempre: qualunque grande campione di fama internazionale è partito proprio dalla piccola realtà sotto casa, poi magari si è spostato alla realtà provinciale, regionale e così via. Non vorrei che, impegnati a salvaguardare interessi economici e accordi contrattuali dello sport-showbusiness, ci si dimentichi di un’altra faccia nobile del movimento sportivo globale che ha pari dignità.
Federico BuffaUN’OCCHIATA A… lo sport da leggere e da guardare in TV
«Ormai siete tutti super preparati su esercizi da fare a casa, movimenti a corpo libero e ogni forma di stretching possibile e immaginabile. Le pagine social di atleti e degli amanti dello sport (miei compresi) non hanno fatto mistero sull’allenamento domestico di ognuno di noi.
C’è però anche un altro modo in cui lo sport ci può stare vicino: attraverso la letteratura sportiva e tramite tutte le testimonianze video che intrecciano sport e cultura in una narrazione che appartiene alla nostra storia».
Il mago in Italia dello storytelling sportivo è sicuramente Federico Buffa che sa calare la leggenda del mito agonistico in un quadro armonico, in cui esprime perfettamente il contesto storico, culturale ed emotivo di appartenenza.
Sono molto interessanti anche documentari, film e serie TV su questi argomenti (mentre VareseNews propone, ogni settimana, un podcast sul tema – cliccate QUI).
Volutamente non ne consiglio alcuni piuttosto che altri, perché c’è davvero tanto materiale per soddisfare tutti i gusti. Potete anche solo connettervi alla rete e andare a vedere i goal di Roberto Baggio, le partite storiche dell’Italbasket vice campione olimpica ai giochi di Atene del 2004, potete rovistare nel tennis e pescare le innumerevoli partite di Steffi Graf, Martina Hingis e tanti altri. In un solo click potete rivivere le emozioni del volley azzurro, maschile e femminile, che è uno dei fiori all’occhiello del movimento sportivo italiano degli ultimi decenni. Ciò che è importante comprendere è che si tratta di un altro modo di vivere lo sport. Uno dei pochi che ci rimane in questo momento, ma che può ispirare noi e i giovani per emulare i grandi campioni.
Cosa avranno mai da dire Pirlo, Totti, Ronaldo, Agassi, Djokovic, nelle loro biografie? Non dicono le stesse cose del Manzoni o di Dante, sono più che d’accordo. Però raccontano la loro passione, ci portano nella loro vita da bambini, nei loro pomeriggi a calciare un pallone contro il muro, a palleggiare con qualunque cosa ricordasse una forma sferica. Ci regalano spunti da seguire nel caso in cui volessimo provare a diventare uno di loro.
Sono (stati) campioni e dato che ora non possiamo farci ispirare dai loro gesti tecnici o atletici, lasciamo che lo facciano le loro testimonianze e ciò che la filmografia o la penna di attenti giornalisti ha prodotto su questi giganti dello sport di tutti i tempi.
Il sito ufficiale – Daniele Cassioli
L’associazione – Real Eyes Sport
Come siete strani voi che ci vedete – La rubrica di Daniele Cassioli per VareseNews
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