
Tornare a respirare: il duro lavoro dei fisioterapisti al fianco dei pazienti Covid
È una branca particolare della fisioterapia: interessa l'area polmonare e permette la riabilitazione del respiro. Chiara Blardone e la sua squadra stanno lavorando nei diversi reparti del Circolo

«Questo è un virus insidioso che richiede attenzione al 200%. Anche quando sembra che il peggio sia passato, arriva improvvisa una nuova ricaduta».

Chiara Blardone è una fisioterapista dell’Asst Sette Laghi. È specializzata in fisioterapia respiratoria grazie a un master preso al termine del percorso universitario: « Sin dalle prime notizie che arrivavano dalla Cina – racconta – come fisioterapisti respiratori avevamo iniziato ad approfondire seguendo ciò che raccontavano i colleghi impegnati a Wuhan. Quando l’emergenza è arrivata in Italia e, in particolare a Varese, abbiamo costruito una squadra di sei fisioterapiste che hanno velocemente appreso tecniche e metodiche di questa particolare branca. Facevo contemporaneamente attività di reparto e formazione per i colleghi fisioterapisti motori al fine di aiutarli a fronteggiare una patologia che per la maggior parte ha colpito l’aspetto respiratorio dei pazienti e per creare l’equipe di 7 specialisti, me compresa, che sono subito entrati in gioco affiancando anestesisti, pneumologi e infettivologi, con il compito di svezzare e recuperare l’autonomia respiratoria, garantendo la presenza del fisioterapista respiratorio 7 giorni su 7 dalle 8.00 alle 20.00,
Sono davvero grata alla mia squadra che si è impegnata con grande professionalità e sono grata al mio reparto, quello di Pneumologia diretto dalla dottoressa Cinzia Gambarini, perché siamo veramente una famiglia dove ciascuno ha dato il massimo sostenendo e aiutando l’altro».
I fisioterapisti hanno lavorato in terapia intensiva: «Il compito era quello di svezzare dalla ventilazione meccanica i pazienti che erano stati intubati. Abituarli piano piano a recuperare il respiro in autonomia. Non ci sono stati tempi fissi: il lavoro è sempre stato tarato sulla persona e sulla sua capacità reattiva».
Una volta dimesso dalla terapia intensiva, la dottoressa Blardone e la sua equipe proseguivano l’attività in reparto: «Il lavoro è duplice: il recupero del respiro ma anche quello funzionale perchè l’immobilizzazione nel letto porta a dover riattovare anche le più scontate capacità motorie. Tempi lunghi dove si è soddisfatti davvero del minimo progresso, con il timore che il virus inneschi un decadimento improvviso e si debba ricominciare».
Esercizi per ritornare a respirare senza far fatica anche dopo essere stato “imprigionato” nel casco, la famosa Cpap in cui si sente il forte rumore del flusso dell’ossigeno: « Abbiamo lavorato al fianco di persone spaventate, terrorizzate dalla diagnosi di Covid per quella forte mancanza di respiro che stavano provando e per le notizie che si sentivano alla televisione. Occhi che avevano bisogno di incontrare uno sguardo amico, ma anche una parola di conforto, un gesto o una battuta per superare il proprio sconforto ».
La dottoressa Chiara Blardone ha ancora ben impressa la prima volta che ha messo piede nel reparto Covid: « Vestita con tutte le protezioni, ho varcato la soglia insieme ai medici, spaventata da ciò che avrei dovuto affrontare. Ma è stato solo lo smarrimento della prima volta, l’approccio a una sfida sconosciuta. Da quella volta, la professionalità e il gioco di squadra con tutti i colleghi della Pneumologia e degli altri reparti, mi hanno indotto, ci hanno indotto, a lavorare con determinazione per raggiungere l’obiettivo di riportare i pazienti respirare ed a muoversi in autonomia per poter andare a casa dalle loro famiglie sulle proprie gambe».
La soddisfazione maggiore è quella di veder ogni paziente attraversare la porta che divide l’area “sporca” da quella “pulita” : « Percorsi lunghi o rapidi, difficili e impegnativi o fluidi a seconda dei danni riportati dal polmone a causa dell’aggressività del Covid. Ogni volta, la gioia più grande è vederli tornare a casa».
Concentrazione e cura sono elementi fondamentali per lavorare in sicurezza: al fianco del paziente che magari ha ancora la Cpap e non devi mai perdere di vista i suoi parametri vitali, ma anche nel momento della vestizione per tutelare se stessi e i propri cari : « Abbiamo avuto un’ottima formazione dal DAPSS che ci ha fatto provare più e più volte come vestire i Dispositivi di sicurezza ma, soprattutto, come svestirci che è il momento più pericoloso. Fino a oggi devo, sono orgogliosa di dire che tutta la mia squadra ha lavorato con attenzione e cura».
La fisioterapia respiratoria ha dovuto adattare le sue basi alla nuova situazione, riducendo al minimo o addirittura evitando le attività che creano droplets: «Prevalentemente lavoro di svezzamento dalla ventilazione meccanica e dall’ossigeno, ricondizionamento allo sforzo e solo in casi strettamente necessari e concordati con lo staff medico, interventi di disostruzione bronchiale . L’obiettivo è sempre stato quello di ridurre la mancanza di respiro, attraverso ricondizionamento fisico e calibrazione del supporto di ossigeno. La maggior parte dei pazienti Covid avverte la sensazione di non riuscire a respirare anche durante i movimenti più semplici».
Oggi Chiara Blardone e la sua squadra sono ancora impegnate nei reparti rimasti attivi per pazienti Covid: « Stiamo facendo una fotografia con ogni paziente dimesso. È importante ricordare ciò che stiamo vivendo. Una sfida professionale e umana che non si deve dimenticare».
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Care colleghe,
ho letto nel vostro articolo l’amore e la dedizione per la nostra professione, esempio per tutti noi e dimostrazione di quanto sia importante il lavoro del Fisioterapista in tutte le fasi di questa malattia.
L’Albo dei Fisioterapisti della Provincia di Varese vi ringrazia di cuore.
Sergio Perillo.