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Gli sportivi rompono l’isolamento nel nome di George Floyd
Tante le iniziative in diverse discipline, anche da parte di atleti di primo piano come Lewis Hamilton o i calciatori di diverse squadre per protestare contro il razzismo. Una piaga che Uisp combatte da sempre
![protesta antirazzista per george floyd](https://staging.varesenews.it/photogallery_new/images/2020/06/protesta-antirazzista-per-george-floyd-1155685.610x431.jpg)
C’è chi ha scelto di cantare “Freedom”, chi ha pubblicato il pugno chiuso sul proprio profilo Facebook, chi si è inginocchiato come fece il campione di football americano Colin Kaepernick, nel 2016, durante l’inno: il contagio emotivo contro il razzismo ha smosso anche lo sport.
“Justice for George Floyd” è stata la maglietta indossata da Jadon Sancho del Borussia: George Floyd, morto per razzismo, la falsa coscienza dell’America. L’agente Derek Chauvin, che per quasi 9 minuti ha bloccato a terra la vittima, premendo le ginocchia sul collo e sulla schiena dell’uomo è stato arrestato con l’accusa di omicidio di terzo grado.
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La protesta sociale è partita dal basso, ha visto protagonisti cittadini, famiglie e associazioni per i diritti civili, giovani e lavoratori, attivisti neri e bianchi, che hanno espresso uno sbarramento al razzismo. E lo sport finalmente è uscito dall’isolamento, l’indignazione e la rabbia hanno scardinato le ipocrisie e le timidezze. I giocatori di Chelsea e Liverpool, così come quelli di Torino e Roma qui da noi, si sono inginocchiati al centro del campo. Lewis Hamilton, per la prima volta nella storia della F1, si è portato dietro tutti i piloti del circo dei motori, in uno «sport per bianchi, dove sinora non si era fatto sentire nessuno».
A inizio settimana c’è stato il primo dei tre funerali previsti e la famiglia Floyd ha affidato il discorso principale al pastore newyorkese Al Sharpton, figura di spicco nelle battaglie per i diritti civili: «Stiamo insieme, americani di diverse comunità e generazioni. Stiamo insieme e stavolta possiamo cambiare le cose».
Nello sport, “cambiare le cose” potrebbe significare smettere di minimizzare sui cori razzisti sugli spalti e sulle offese razziste in campo, come chiede Uisp da tempo. Non minimizzare significa non voltarsi dall’altra parte, significa da parte degli arbitri prendere provvedimenti e sospendere le partite. O anche favorire in tutti i modi l’inclusione attraverso lo sport, consentendo ai molti ragazzi e ragazze rifugiati e richiedenti asilo di inserirsi con piena legittimità dagli ordinamenti sportivi e dai regolamenti federali.
L’impegno antirazzista deve durare tutto l’anno: lo ripete e lo pratica da sempre Uisp che promuove sul territorio decine di iniziative per l’inclusione, contro ogni discriminazione, con l’Almancacco delle iniziative antirazziste e i Mondiali Antirazzisti. Ma anche con proposte come quelle dell’Osservatorio contro le discriminazioni nello sport che Uisp, insieme all’Unar, ha proposto da tempo.
SPECIALE UISP – Tutti gli articoli di VareseNews in collaborazione con UISP Varese
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