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Magatti: “Per uscire dalla pandemia il capitalismo deve recuperare la sua dimensione spirituale”
Il sociologo e docente dell'Università Cattolica di Milano è intervenuto al convegno organizzato dall'Ucid sul tema della generatività e della spinta all’auto-imprenditorialità dei giovani
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«Il tema è prima di tutto spirituale. Se noi non ritroviamo, specialmente in Italia, la spinta demografica e le ragioni, il senso e le motivazioni di impegnarsi nella dimensione economica sarà impossibile uscire da questa crisi». Mauro Magatti, sociologo e docente dell’Università Cattolica di Milano, per affrontare i temi della generatività e della spinta all’auto-imprenditorialità dei giovani, al centro del convegno online organizzato dalla sezione milanese dell’Ucid (Unione cristiana imprenditori dirigenti), chiama in causa Max Weber.
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L’economia non è un semplice meccanismo, ma una costruzione culturale e storica carica di senso. Nel giro di vent’anni la presunta potenza del nostro sistema è stata messa in crisi da tre shock globali. Un tris calato dalla storia che ha fatto saltare il banco: l’attentato delle Torri gemelle nel 2001, la crisi dei mutui subprime del 2008 e ora la pandemia da coronavirus, quest’ultima, secondo il sociologo, destinata a cambiare gli assetti strutturali degli ultimi trent’anni. «Questa vicenda è un grande acceleratore di processi, un declassificatore che rompe una serie di routine e che cambierà molte cose – ha spiegato Magatti -. Ciò che non sappiamo è se questa declassificazione sarà per il meglio o per il peggio. Ciò che invece sappiamo è che indietro non si torna».
Il perimetro del campo in cui si gioca la partita del futuro è segnato da un lato dalla vulnerabilità mostrata dai sistemi socioeconomici globalizzati, dall’altro da un cambiamento che tutti citano, ma la cui portata nessuno è ancora in grado di determinare, perché di quanto sta accadendo si conosce ancora troppo poco.
I giovani dovranno dunque affrontare nuovi problemi che si vanno a sommare a un quadro che si presentava già complicato e incerto ben prima della crisi pandemica.
«Questa è la partita della generazione di chi ha meno di 40 anni, di chi ha ancora potenziale – ha sottolineato il sociologo – È dunque importante interrogarsi su qual è il nostro ruolo per far sì che questa generazione giochi la partita».
Nel dibattito pubblico c’è quasi unanimità sul fatto che i grandi driver per costruire il futuro siano la sostenibilità e la digitalizzazione a cui si aggiunge la formazione che però «è una dimensione dell’esistere», cioè in continuo e costante rapporto con la realtà. Questa crisi è l’occasione per stabilire un nuovo rapporto tra economia e società, obiettivo che dipende molto dai nostri tessuti relazionali e dalla qualità di quelli istituzionali. «Il futuro – ha concluso Magatti – apparterrà a quelle comunità che sapranno stare dentro processi globali stringendo patti di sviluppo e di crescita che integrino al più fragile, all’ambiente e alla sostenibilità».
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