Al supermercato ma positivo al virus, la polizia locale di Cocquio Trevisago denuncia
Quattro persone sorprese fuori casa mentre avevano l’obbligo di stare in quarantena perché positive al tampone: ora rischiano da uno a cinque anni di carcere
Alcuni hanno finto di cadere dalle nuvole accampando le scuse più scontate.
Ma altri hanno rilanciato: «Non me ne frega niente se sono positivo, continuerò a uscire di casa».
Atteggiamenti che generano sconcerto, come le pene previste per comportamenti del genere, pericolosissimi, dagli articoli del codice penale contestati a quattro persone residenti a Cocquio Trevisago che durante un controllo sono state trovate fuori dalla propria abitazione.
In un caso uno dei soggetti è stato fermato all’interno di un supermercato. Tutti sono stati denunciati dalla polizia locale di Cocquio Trevisago guidata dal comandante Giuseppe Cattoretti che ha operato in sintonia con l’amministrazione comunale, in particolare con l’assessore alla sicurezza Monica Moretti, oramai da mesi in prima linea per l’assistenza ai positivi al SarsCov-2 seguiti in ogni necessità dalla macchina comunale.
E proprio qui sta il punto: i servizi ci sono e vengono utilizzati da molte delle persone che sfortunatamente sono risultate positive ai tamponi di Ats, in tutto, ad oggi ancora una trentina di residenti.
Di questi però, oltre il 10 per cento sono risultati inottemperanti alle regole dopo il controllo reso decisamente più facile in un contesto di paese con poche migliaia di persone dove i comportamenti non passano inosservati anche per via dell’attivazione del progetto di controllo di vicinato.
Le verifiche sono scattate nei giorni scorsi e la polizia locale non si è limitata ad applicare l’oramai famoso articolo 650 del codice penale che sanziona la mancata osservanza dei provvedimenti dell’autorità (e che attiva un procedimento penale cui può seguire un’ammenda).
Le denunce degli agenti infatti contestato il ben più pesante articolo 452 del codice che punisce i “delitti colposi contro la salute pubblica”.
La norma colpisce chi per colpa (quindi senza intenzione) diffonde un’epidemia, e la pena in questi casi è particolarmente pesante: da uno a cinque anni di carcere.
«Corre l’obbligo ricordare che chi dovesse violare la quarantena e contagiare altre persone può essere chiamato a rispondere dei delitti di lesioni o di omicidio a seconda delle conseguenze provocate, anche nella forma colposa (qualora manchi l’intenzione) o nella forma del tentativo», specificano dal comando di polizia locale di Cocquio Trevisago.
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