“Per me la vera autonomia è qui, a Milano”
Conversazione con Simone Gambirasio, la cui disabilità non ha certo impedito alla sua mente brillante di fare carriera, e a scegliere di vivere nella città dove lavora
Per noi è una “vecchia conoscenza”, acquisita quando, ormai quindici anni fa, ha cominciato la sua carriera lavorativa a Varesenews, con uno stage che l’ha visto passare da redattore a project manager.
Per Simone Gambirasio la vita lavorativa è iniziata nella nostra redazione, ma è poi proseguita in grandi realtà internazionali: prima a Yahoo Italia come content manager, poi a Voyage Privè come marketing manager, mentre nel frattempo diventava curatore della collana dei manuali Apple di Hoepli. Ora si può definire, con un termine molto milanese, “Content manager specializzato in storytelling inclusivo”, cioè si occupa di contenuti social e digitali dedicati all’inclusività.
Da qualche mese ha aperto anche il suo blog www.simonegambirasio.it; ma soprattutto ha deciso, dopo tanti anni di pendolarismo, di prendere casa a Milano insieme alla sua fedele OttoBock, la carrozzina con cui lui afferma da sempre quell’autonomia che tutti noi abbiamo sempre guardato con ammirazione.
«Abito nel nuovo quartiere di Cascina Merlata e ho scelto questa zona per diversi motivi – spiega – Innanzitutto è la zona di Milano più vicina ai miei, perciò andare da loro o ricevere la loro visita è molto semplice. Il secondo è che è il quartiere nato da Expo, evento di cui mi sono innamorato e che ha rappresentato il cambiamento di Milano. Poi perchè è quartiere nuovo che sta nascendo e mi fa piacere sentirmi parte di questo progetto. E infine ha un’altra caratteristica fondamentale: è una periferia. Le abitazioni accessibili ci sono solo in periferia, perchè in centro trovi solo case o piccolissime o con le scale, che sono due caratteristiche decisamente incompatibili con la disabilità. Perciò, se vuoi andare a vivere in città e sei disabile, inevitabilmente devi scegliere una periferia»
Perchè sei andato a vivere a Milano?
«Per me vivere a Milano è stata una necessità: non potevo pensare di essere autonomo a Cairate o a Varese. Milano offre dei servizi, come i mezzi pubblici ad esempio, che mi consentono di raggiungere il lavoro o muovermi in autonomia e in generale fare le cose da solo: a Varese o in provincia non avrei potuto farlo, perchè non ho la patente ed è difficile muoversi con i mezzi pubblici. E poi vivo a Milano anche perché è una città che mi piace, ci sono opportunità di lavoro. Mi sono innamorato della città, qui sto bene. La vera autonomia è qui, anche se naturalmente con tutti i limiti di una città italiana: i mezzi ci sono ma non sempre funzionano, i servizi ci sono ma non sempre sono attivi concretamente…Essere disabile a Milano non vuol dire non avere più problemi, anzi: mi è capitato di saltare colloqui di lavoro perchè il luogo del colloquio è inaccessibile, o non prendere quel determinato tram perchè non ha la pedana. Però la prima volta che sono salito sulla Metro ho pianto di commozione: è stata una sensazione di libertà travolgente».
Vivere a Milano significa anche crearsi un’altra rete di relazioni: «Intorno a casa ho un network di persone che mi conoscono, e ormai vado da solo negli esercizi commerciali che mi aiutano: c’è il fruttivendolo che sa già che il sacchetto delle verdure va appeso alla carrozzina, la cassiera del supermercato che mi prende la carta di credito direttamente dal portafoglio… In questo modo, tra l’altro, sostengo una economia di prossimità che per prima mi ha aiutato e mi ha accolto».
Ma c’è un’altra bella sensazione che offre la grande città, e soprattutto una grande città come Milano: «Un’altra cosa bella è che pochi mi guardano – sottolinea Simone – C’è cosi tanta gente strana qui, che si comporta in modo bizzarro o è vestita in modo originale che tu alla fine sei solo uno dei tanti. E questo ti rende parecchio libero».
Simone è solo da poco più di un anno che è li, ma ne parla come chi ha già scelto: «Sto bene qui, e credo che vorrò sempre starci: per quanto la provincia di Varese mi abba dato tantissimo, le relazioni che ho costruito e l’opportunità che ho avuto qua meritano la dedizione che ho per questa città. A Varese forse non ero maturo io o forse non era ancora matura la città per integrarmi. L’unico dispiacere è che per i miei amici storici venire a Milano è come attraversare l’oceano. Spero che ci facciano l’abitudine…».
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