A piedi nudi sull’erba, i 91 anni di mamma Dina dopo 14 mesi in casa di riposo
La stanza degli abbracci riaccende speranze per ospiti e parenti delle Rsa in un momento difficile. La storia di Donatella che ha voluto festeggiare chi le ha dato la vita in maniera diversa
Quando anche un semplice tocco diventa un sogno capace di accendere un affetto, anche una passeggiata sull’erba, a piedi nudi, mano nella mano con la propria figlia, rappresenta un dono venuto dl cielo.
Per questo mamma Dina il compleanno per i suoi 91 anni l’ha passato così, dopo 14 mesi trascorsi nella casa di riposo che l’ha rimessa con la testa in cucina, come quando serviva i nobili Malatesta nella residenza di Cittadella; o in piedi, memore di quando ventenne ballava il valzer, ritmo che si è risvegliato nel preciso istante in cui un’infermiera durante un pomeriggio di musica le chiese: «Dina, vieni a ballare».
Così è stato, nelle parole della figlia Donatella, anche lei in prima fila in rappresentanza dei parenti della “Rsa Fondazione Longhi e Pianezza“ di Casalzuigno dove è stata presentata la “stanza degli abbracci“ donata dallo Spi Cgil.
È un momento delicato per la galassia dell’assistenza: gli ospiti sono stati fra i primi ad essere vaccinati, la campagna di iniezioni prosegue e via via copre anche i parenti, da quelli più in là con gli anni ai più giovani, e anche se il cielo di questi giorni è ancora scuro si va dritti verso l’estate, si parla di riaperture, e la fine di giugno con le soglie di vaccinati robustamente infoltite costituisce un orizzonte vicino e atteso per quanti hanno dovuto stringere i denti nei lunghi mesi dall’inizio della pandemia.
Sì, il lockdown da passare in casa, con anche il lavoro “in smart“ e magari con figli piccoli è un’esperienza dura, ma un anziano lontano dagli affetti dei parenti rappresenta forse l’immagine più forte di quello sforzo che i virus ha imposto al mondo intero.
«Mia madre è entrata qui nella Longhi e Pianezza nel 2018: è stato un percorso condiviso dovuto a diversi fattori, famigliari e personali, ed è sempre stata bene. Prima viveva da sola, con la badante, a Cuveglio. Ha preso di petto questa esperienza e le è servito ballo, la cucina, addirittura durante l’“Alzheimer Fest“, a Gavirate ha tenuto alto l’onore di Casalzuigno vincendo una partita di bowling, battendo un anziano di Viggiù che la prendeva in giro perché “una donna non avrebbe mai potuto vincere”. Poi è arrivata la chiusura».
Due mondi che rimangono separati. Visite sospese, contatti azzerati. Prima il tablet per le chiamate, poi i «ciao» mimati da dietro la parete in plexiglas. «Ma non è la stesa cosa di una visita, non è scambiare gli sguardi sul sapore della pastina, sedersi sul letto con le quattro parole sul tempo o la chiacchierata coi vicini di stanza. La mano sfiorata. Un bacio, o un abbraccio».
Allora ecco che le aperture e la possibilità di fare nuovamente visite, sia pure con grandi difficoltà legate alle pre-condizioni per poter accedere direttamente in una Rsa (vedi “certificazione verde”), costituiscono un vero punto di svolta per queste generazioni rimaste divise dalla pandemia. Donatella però non ha resistito, e si è giocata l’asso nella manica.
«Era in programma una visita oculistica a Varese e mamma doveva già uscire dalla struttura, così ho colto la palla al balzo: in accordo coi medici ho portato a casa mia madre per qualche ora, nella mia abitazione in Valcuvia, a Orino. Abbiamo il giardino e la prima cosa che ha fatto è stata una passeggiata a piedi nudi nel prato. L’ho accompagnata, si è goduta la natura prima di tornare nella sua camera, in isolamento per cinque giorni. Era il 5 maggio».
Ed era già tornato il sole.
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