A Glocal il racconto di come Wikileaks ha cambiato il giornalismo

Il sabato sera di Glocal 21 è dedicato a come Julian Assange ha cambiato il modo di fare giornalismo. Appuntamento il 13 novembre alle Ville Ponti di Varese

Generica 2020

Questa storia inizia il 5 aprile del 2010. Quel lunedì, mentre in Italia si festeggiava la Pasquetta, a Washington andava in scena una conferenza stampa che avrebbe cambiato la storia del giornalismo. Fu in quella data, infatti, che Wikileaks, l’organizzazione giornalistica fondata da Julian Assange, diffuse un video di 17 minuti, intitolato Collateral Murder.

Un filmato di 17 minuti, che mostra un attacco aereo condotto da due elicotteri Apache dell’esercito americano nei confronti di alcuni cittadini iracheni. Tra di loro, due collaboratori dell’agenzia di stampa Reuters, l’autista Saeed Chmagh e il giovane fotografo Namir Noor-Eldeen.

Il video si trova a questo link. I lettori siano avvisati: queste immagini possono urtare la loro sensibilità.

A fornire quelle immagini a Wikileaks fu Chelsea Manning, all’epoca analista di intelligence dell’esercito americano impegnata in Iraq. Fu lei a far arrivare all’organizzazione di Assange il video e oltre 300mila documenti riservati che rivelavano la morte di 15mila civili in circostanze non chiare, casi di tortura nei confronti dei prigionieri e una certa inefficienza da parte dell’esercito nel contrastare abusi e violenze commesse dai propri soldati.

Una rivelazione che costò a Manning una condanna a 35 anni di carcere, pena poi ridotta nel 2017 dall’allora presidente americano Barack Obama. Una rivelazione, soprattutto, che ha permesso di riscrivere tanto la storia con la S maiuscola, quanto più in piccolo la storia del giornalismo. Una professione che ha sempre vissuto di rivelazioni da parte di fonti confidenziali, la più clamorosa quella che portò allo scandalo Watergate, ma che con Wikileaks fa un salto di qualità.

Perché questa organizzazione ha fatto dei whistleblower, parola che in italiano tradurremmo con “gole profonde”, un metodo di lavoro, raccogliendo negli anni documenti relativi alla guerra in Afghanistan, quelli legati al Cablegate che hanno raccontato il dietro le quinte della diplomazia statunitense e infine i cosiddetti Vault 7, il più grande leak di informazioni riservate della Cia.

Un metodo di lavoro che ha fatto scuola, basti pensare al recente caso dei Facebook papers, i file interni al social network consegnati al Washington Post dall’ex dipendente dell’azienda Frances Haugen. O, in anni meno recenti, le rivelazioni sulla sorveglianza di massa da parte dell’Nsa ad opera dell’allora analista dell’agenzia Edward Snowden o lo scandalo Cambridge Analytica nato grazie alle informazioni diffuse dall’ex dipendente Christopher Wylie. E che hanno portato a scandali finanziari come quelli legati ai Panama papers.

Un metodo di lavoro che consente alle fonti, grazie alle tecnologie digitali, di trasferire in sicurezza grandi quantità di informazioni ai giornalisti, secondo un metodo di lavoro che proprio da Wikileaks ha iniziato a diffondersi. Di questi temi si parlerà in una delle serate di Glocal, il Festival del giornalismo di Varese, con Stefania Maurizi, giornalista e autrice del libro “Il potere segreto. Perché vogliono distruggere Julian Assange e WikiLeaks“, con prefazione di Ken Loach.

L’appuntamento è per le 20:30 di sabato 13 novembre nella sala Napoleonica delle Ville Ponti a Varese. L’ingresso è consentito solo in possesso di green pass valido e indossando una mascherina. L’accesso è gratuito, ma è necessario prenotarsi a questo link.

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Riccardo Saporiti
riccardo.saporiti@gmail.com

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Pubblicato il 03 Novembre 2021
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