Già trent’anni dall’addio a David Maria Turoldo
Figura profetica, precursore del Concilio Vaticano II, intellettuale di primo piano, fu spesso osteggiato dentro la Chiesa. Il cardinale di Milano, Carlo Maria Martini, gli chiese scusa consegnandogli il Premio Lazzati. Il frate friulano cantò il Vangelo della Misericordia con mezzo secolo di anticipo

Sono già passati trent’anni da quando – il 6 febbraio 1992 – ci lasciò David Maria Turoldo: prete, poeta, scrittore, figura di intellettuale di prim’ordine, voce profetica dentro la Chiesa, molto autorevole e rispettato anche nel mondo laico. Disturbatore di coscienze: in questa immagine c’è la sintesi di un uomo che sapeva emozionare le folle con la sua voce tonante. “Covone biondo” l’aveva definito lo scrittore e amico Luigi Santucci: il frate Servita friulano, che diceva di sé di «aver avuto il privilegio di nascere in una famiglia povera», anzi la più povera del suo paese natale, Coderno. «I miei più grandi maestri sono stati mia madre e mio padre. Mia madre, sempre così silenziosa, capace di nascondere inaudite sofferenze dietro un volto composto e naturale… Non smetterò mai di rendere grazie per l’infinito dono di questa povertà, che poi è stata la mia più grande ricchezza: la prima vera maestra che mi ha insegnato quanto è buono il pane, quanto era buona quella minestra di orzo che mia madre mi scaldava con canne di granoturco, sempre dentro un’aureola di fuliggine». (foto di Jo Locatelli)
Le vere vocazioni si pagano sempre e costano molto e Turoldo – che ripeteva «meglio essere perdenti che perduti» – fu un precursore del Concilio e lo fu in compagnia di una schiera di intelligenze e sensibilità illuminate. In questa costellazione ci sono Camillo De Piaz, compagno di una vita fin dagli anni del seminario, Abramo Levi, Nazareno Fabbretti, Ernesto Balducci, Alessandro Pronzato, Domenico Del Rio, tutti nomi che hanno impreziosito la letteratura e non solo nel campo religioso, autorevoli punti di riferimento anche nella comunicazione. Turoldo era uno che familiarizzava con protagonisti maiuscoli della scrittura, pensiamo soltanto a Oriana Fallaci, Mario Rigoni Stern, Carlo Sgorlon. Sono testimone di una telefonata dall’America a Turoldo, mentre era in cura a Lecco, in cui l’autrice di “Intervista con la storia” chiedeva senza giri di parole che a fare la presentazione di un suo best seller fosse proprio il frate, di cui si fidava pienamente.
Con largo anticipo sui tempi, Turoldo cantò il “Vangelo della misericordia”.
Memorabili le sue prediche in Sant’Egidio a Fontanella sulle parabole-simbolo, architrave del cristianesimo: il Figlio Prodigo, il Ricco Epulone, il Buon Pastore, il Buon Samaritano. Spesso incompreso e anche apertamente osteggiato, nel suo tempo ultimo si fece testimonial della speranza, lottando contro “il drago” che stava avendo ragione del suo forte fisico e fino all’ultimo celebrò la vita. Indimenticabile la sera del 21 novembre 1991 a Milano, alla consegna del Premio Lazzati, quando il cardinale Carlo Maria Martini chiese scusa a Turoldo, scavato dal male, per le sofferenze avute dentro la Chiesa, il tutto suggellato da un abbraccio. Le ultime, dense interviste di rivisitazione di una vita – da me fatte con l’amico comune Alessandro Pronzato in lunghe giornate tra Lecco e Milano dov’era in cura – sono poi confluite nei libri “Il coraggio di sperare” e “Il dono di Turoldo”.
Tra le grandi amicizie di Turoldo ci sono quelle con il regista Ermanno Olmi – epocale il loro film “Gli ultimi” – e con Bepi De Marzi, autore del capolavoro “Signore delle cime”. Il compositore di Arzignano, storico direttore dei “Crodaioli”, ha musicato molti testi, tra i quali anche Salmi – di Turoldo.
Lo abbiamo intervistato.
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