Il segreto dei capi positivi
La positività non è una magia. Lo spiegano le neuroscienze e la psicologia. L’attitudine mentale con cui affrontiamo la vita determina in gran parte la percezione positiva, neutra o negativa della nostra esperienza

Come faccio a motivare la mia squadra in questo clima di incertezza e cambiamento continuo? Come posso facilitare l’innovazione mentre lavoriamo sempre più come monadi isolate dalla distanza e abusate dalla connessione incessante? Come incoraggio le persone a prendersi responsabilità e ad avere spirito imprenditoriale se sono preoccupati di perdere il lavoro? Come ispiro ognuno a continuare ad apprendere e rinnovare le proprie competenze quando si sentono incapaci di cambiare? Queste sono le domande che sento dai manager. Non sono nuove, ma la trasformazione tecnologica, economica e sociale accelerata dalla pandemia ha reso queste sfide ancora più difficili e urgenti. ( Foto di Jae Rue da Pixabay)
Gestire il business significa sempre gestire le persone e le loro emozioni, a partire dalle proprie. La scienza della psicologia positiva ci aiuta a trovare le risposte.
Il testo miliare in questo campo è “Mindset, la nuova psicologia del successo” di Carol Dweck, che già nel 2006 identificò chiaramente i diversi destini di chi crede nell’intelligenza innata (attitudine fissa) e chi crede nello sviluppo delle capacità attraverso l’impegno, l’apprendimento e la determinazione a migliorare (attitudine di crescita). Famosa la sua indicazione ai genitori: «lodare l’intelligenza dei bambini danneggia la motivazione e danneggia le prestazioni. Se i genitori vogliono fare un regalo ai loro figli, la cosa migliore che possono fare è insegnare loro ad amare le sfide, essere incuriositi dagli errori, essere stimolati nel continuare ad imparare. In questo modo, i figli non diventano schiavi della lode e costruiscono la propria fiducia in sé stessi».
Tra le molte ricerche fatte sulla teoria del mindset della crescita, una ha recentemente rivelato il segreto del successo del lavoro da remoto. Dato che gli studi sugli effetti del lavoro da remoto e ibrido finora sono stati in parte inconcludenti, mostrando sia effetti positivi che negativi, i professori Lauren Howe e Jochen Menges hanno cercato di capire l’impatto del mindset. La loro ricerca su un campione rappresentativo di vari settori “mostra in un campione di knowledge worker che le convinzioni fondamentali sulla natura del lavoro a distanza, catturate nella mentalità dei lavoratori sul fatto che il lavoro a distanza sia un’abilità che può essere appresa o che le persone semplicemente possiedono o meno, sono direttamente collegate alle emozioni provate e alla percezione di produttività durante il lavoro a distanza”. In parole semplici, chi crede che lo smart working funzioni, ottiene esattamente ciò che crede, e viceversa, caro Brunetta.
Un’altra scienziata, Barbara Fredrickson, direttrice del Laboratorio di Emozioni Positive e Psicofisiologia dell’Università della Carolina del Nord, nella sua ricerca ha dimostrato che le persone con un atteggiamento positivo superano le difficoltà più rapidamente e sono più resilienti. Una mentalità positiva è terreno fertile per creatività, pensiero empatico e visionario, cooperazione e connessione relazionale. Inoltre, ampliare la propria mentalità rende le persone più attrezzate per superare le avversità. Nel mondo del lavoro, la sua ricerca ha misurato come i team ad alte prestazioni utilizzano almeno un rapporto 3 a 1 di messaggi positivi rispetto a quelli negativi e per loro il rapporto tra interazioni positive e negative è 6 a 1.
I leader hanno un ruolo chiave nel settare il tono della conversazione al lavoro. Grazie ai progressi della ricerca sulla risonanza magnetica sul movimento dei neuroni cerebrali, gli studi hanno dimostrato che i leader che hanno un’attitudine positiva connettono e attivano una parte del cervello, mentre i leader che inviano emozioni negative, attivano un’altra parte del cervello. Questo è dovuto all’effetto dei neuroni specchio che, come indica il loro nome, riproducono il riflesso di ciò che percepiscono. Questa trasmissione da cervello a cervello avviene principalmente al di sotto della coscienza. I primi attivano circuiti cerebrali che rendono le persone ricettive alle nuove idee e consentono loro di osservare e analizzare gli ambienti aziendali e sociali. I secondi innescano un circuito diverso: il circuito del cervello socializzante viene disabilitato e vengono attivate le aree del cervello che si concentrano sulla risoluzione dei problemi e sulle prestazioni lavorative efficienti. Così quando il circuito di esecuzione dei compiti viene attivato, il circuito che attiva la ricettività alle nuove idee e l’osservazione ambientale viene disattivato.
Pertanto, quando i leader aiutano le persone intorno a loro a sentirsi positive, queste persone sono ricettive a costruire relazioni; possono pensare in modo creativo e sono aperte a idee diverse. I leader “dissonanti”, invece, hanno l’effetto opposto: concentrandosi principalmente su debolezze e problemi, questi leader fanno sentire gli altri minacciati e attivano la modalità di sopravvivenza del loro cervello, che li incoraggia letteralmente a “fuggire o combattere”.
Per garantire che le squadre siano motivate e con un atteggiamento positivo la ricetta per i leader parte da un linguaggio costantemente positivo. Serve focalizzarsi su ciò che si vuole ottenere ed evitare ciò che non si vuole. Ad esempio, invece di dire «non possiamo permetterci di aumentare i costi», meglio dire: «facciamo tutto il possibile per aumentare la qualità e diminuire i costi». È utile vedere il lato positivo, ad esempio iniziando le riunioni chiedendo: «Qual è la cosa migliore che ci è successa questa settimana? Qual è stata la migliore esperienza di interazione coi clienti?»
Queste semplici domande attingono alle emozioni positive e attivano i circuiti di espansione, costruzione e connessione del cervello. Aiuta moltissimo porre domande generative incentrate sul trarre il meglio dalle situazioni e persino sul migliorarle. Ad esempio: “Quando la nostra comunità è più soddisfatta? Come possono tutti contribuire al successo di questo progetto? Se dovessimo iniziare il progetto da zero, come lo faremmo? Cosa è importante per noi in questo particolare progetto?”. È importante coltivare l’energia positiva, circondandosi di persone con cui avere conversazioni produttive e un interesse reciproco per i propri obiettivi. Bisogna investire tempo e fiducia nella costruzione di una rete di relazioni positive, un sistema di supporto per quando siamo scoraggiati o confusi. Infine, è fondamentale prendersi cura di sé stessi e della propria energia positiva, fisica, psichica e spirituale, nell’ordine che più ci piace. Questo vale per tutti e in particolare per i leader perché hanno molti altri le cui vite e quelle delle cui famiglie dipendono da loro. È importante trovare il tempo per ricaricarsi, rilassarsi e aprire uno spazio per il pensiero riflessivo. Questo può essere fatto attraverso l’esercizio fisico regolare, un’alimentazione sana, il contatto con la natura, la pratica della consapevolezza e trascorrendo del tempo con la famiglia e gli amici. Non è magia, è scienza. Curando e alimentando le emozioni e le connessioni tra le persone di un’organizzazione, i leader possono creare risultati positivi che hanno un impatto sugli individui, i risultati dell’impresa e sulle comunità in senso lato.
“Io penso positivo ma non vuol dire che non ci vedo; io penso positivo in quanto credo; non credo nelle divise né tanto meno negli abiti sacri che più di una volta furono pronti a benedire massacri; non credo ai fraterni abbracci che si confondon con le catene. Io credo soltanto che tra il male e il bene è più forte il bene”, Lorenzo Cherubini, in arte Jovanotti.
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