Acquistavano beni all’ingrosso e non li pagavano, una delle sedi dei truffatori era a Travedona Monate

L'inchiesta della Guardia di Finanza di Padova ha fatto emergere un gruppo criminale che ha commesso truffe per 4 milioni di euro in tutta Italia. Nel 2019 avevano aperto una sede nel Varesotto

Polizia e Guardia di Finanza

Avevano operato anche nella provincia di Varese, truffando numerose aziende grazie ad una base logistica  a Travedona Monate alcuni dei tre soggetti arrestati nella giornata di ieri (lunedì) dai Finanzieri del Comando Provinciale di Padova, diretti dalla Procura della Repubblica di Rovigo. Acquistavano, usando aziende in fallimento che facevano apparire con i conti a posto, grossi quantitativi di materiale attraverso assegni scoperti o bonifici bancari disposti e immediatamente annullati.

Sono ritenuti appartenenti a un’associazione per delinquere, finalizzata alla truffa, che – avvalendosi di società “di comodo” operanti in diverse province e ultimamente in quella padovana – avrebbe cagionato un danno di 1,5 milioni di euro circa nei riguardi di 64 operatori economici dislocati su tutto il territorio nazionale (più precisamente, Calabria, Campania, Emilia Romagna, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Piemonte, Sardegna, Sicilia, Toscana, Trentino Alto Adige e Veneto).

In provincia di Varese le società erano tre e facevano capo alla holding P-Group (come l’iniziale del cognome del prestanome) che aveva messo in piedi una base logistica che ha operato per sei mesi da un capannone di Travedona Monate. Il periodo in cui hanno messo a segno le loro truffe risale al primo semestre del 2019. Poi hanno proseguito in altre zone, tra cui quella sotto l’occhio attento della Guardia di Finanza di Padova e la provincia di Brescia, ancora più recentemente. Si erano approvvigionati di merce per 1.640.000 euro da oltre 80 fornitori.

Nel dettaglio, il Giudice per le indagini preliminari di Rovigo, accogliendo le nuove proposte formulate dagli organi inquirenti, ha disposto gli arresti domiciliari nei confronti del rappresentante legale di un centro elaborazione dati contabili e l’obbligo di presentazione quotidiano alla polizia giudiziaria, con contestuale obbligo di dimora nel luogo di residenza, a carico di due buyer.

Il gruppo finito nell’indagine è composto da dodici persone e promosso da un soggetto già emerso in altri contesti investigativi per ipotizzati legami con il clan Mazzei di “Cosa Nostra”.  Avrebbero rigenerato, nell’arco di due anni, 28 aziende, precedentemente inattive o decotte, intestandole a prestanome e alterando i relativi dati di bilancio, grazie alla complicità di alcuni professionisti, con lo scopo di farle apparire sane e affidabili nei pagamenti.

Nel periodo precedente all’emergenza epidemiologica da Covid-19 e durante i lockdown queste imprese avrebbero fatto incetta all’ingrosso di rilevanti quantitativi di merce (a titolo esemplificativo, prodotti agroalimentari, edili, elettronici, materie plastiche) attraverso assegni scoperti o bonifici bancari disposti e immediatamente annullati, così risultando il “veicolo” per la realizzazione di un disegno criminoso che, nell’ordine, avrebbe interessato le province di Novara, Milano, Varese, Modena e, più di recente, Padova e Brescia.

Nel corso della prima fase delle indagini, i Finanzieri della Compagnia di Este avevano eseguito, nel settembre 2021, un’ordinanza che disponeva la custodia cautelare in carcere del citato promotore e quella degli arresti domiciliari del factotum del sodalizio, imponendo l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria a un buyer diverso da quelli fermati ieri. Contestualmente erano stati sequestrati oltre 20 dispositivi informatici, la cui disamina ha permesso all’Autorità giudiziaria rodigina di valutare il coinvolgimento dei singoli associati per poter sostenere l’accusa in giudizio.

Tra i mesi di febbraio e dicembre 2021, così come era stato già riscontrato nella provincia di Padova, l’organizzazione criminale – nel frattempo trasferitasi nell’hinterland bresciano – avrebbe posto in essere analoghe condotte truffaldine, approvvigionandosi, senza onorare il pagamento del relativo corrispettivo, di ulteriori merci di varia natura, quantificate in oltre 2,2 milioni di euro, che venivano sempre cedute fuori dagli ordinari circuiti commerciali.

All’atto dell’esecuzione del primo provvedimento cautelare nel settembre scorso, era stato possibile recuperare alcuni di questi beni, per un valore di 250 mila euro circa, compresi generi alimentari di immediato deperimento, che, nell’ottobre dello stesso anno, sono stati devoluti in beneficenza a Enti e Associazioni attive nella provincia di Padova per l’assistenza a famiglie in difficoltà economica. Tuttavia, successivamente ai primi interventi di polizia giudiziaria, un buyer, destinatario di due misure cautelari personali nella giornata di ieri, in violazione del vincolo cautelare disposto dall’Autorità giudiziaria, ha asportato taluni beni sottoposti a sequestro, aggravando, in tal senso, il quadro accusatorio già delineato nei suoi riguardi.

In definitiva, le investigazioni, allo stato nella fase delle indagini preliminari, hanno consentito di eseguire, nei mesi di settembre 2021 e marzo 2022, otto misure cautelari personali nei confronti di sei dei dodici membri dell’associazione e di rilevare l’approvvigionamento fraudolento di beni, per un controvalore di oltre 3,7 milioni di euro, nel periodo compreso tra novembre 2019 e dicembre 2021.

Ad ogni buon conto, è stato possibile alienare alcuni beni sequestrati a gennaio u.s., del valore di 1,2 milioni di euro, così ristorando, seppur in parte, il danno derivante dalle truffe perpetrate. Per limitare la reiterazione delle descritte condotte illecite, sono state segnalate ai competenti uffici dell’Agenzia delle Entrate le partite IVA delle società-veicolo ancora attive per la relativa cessazione d’ufficio, al fine di interrompere un articolato meccanismo che, per oltre due anni, ha causato la distorsione della concorrenza in danno dell’imprenditoria sana.

Da ultimo, in sinergia con l’Ispettorato Territoriale del Lavoro di Padova, sono state irrogate al promotore del sodalizio – ritenuto il datore di lavoro occulto dei dipendenti di quattro società che avevano operato nella provincia di Padova – sanzioni amministrative in materia di lavoro e legislazione sociale per 230 mila euro circa, avendo quest’ultimo impiegato, per un periodo di sei mesi, la manodopera di dodici soggetti (buyer, custodi/magazzinieri e dipendenti amministrativi, questi ultimi estranei ai fatti) senza formale contratto di assunzione e/o in violazione della normativa contemplata dai contratti collettivi nazionali.

Orlando Mastrillo
orlando.mastrillo@varesenews.it

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Pubblicato il 08 Marzo 2022
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