Elezioni del 2014 a Lonate Pozzolo:”Se il patto politico mafioso c’è stato non era punibile”
Depositate le motivazioni della sentenza che ha assolto l'ex-sindaco e altri personaggi considerati vicini alle famiglie di 'ndrangheta del paese: "La norma è stata cambiata un mese dopo l'accordo"
Sono state depositate le motivazioni della sentenza di assoluzione per il reato di voto di scambio politico-mafioso per l’ex-sindaco di Lonate Pozzolo Danilo Rivolta, il faccendiere Peppino Falvo, l’imprenditore (condannato in appello per associazione a delinquere di stampo mafioso) Cataldo Casoppero, Salvatore De Novara e la figlia Francesca De Novara (assessore nella giunta di Rivolta).
Nelle 22 pagine con cui si motiva la sentenza emessa lo scorso 28 febbraio vengono ricostruiti alcuni passaggi chiave della vicenda che escludono l’applicazione del reato previsto dall’articolo 416 ter che venne modificato il 18 aprile 2014, giorno in cui Rivolta e Francesca De Novara hanno firmato il modulo di accettazione della candidatura.
Nell’imputazione del pubblico ministero Alessandra Cerreti, infatti, veniva indicato il momento in cui si sarebbe consumato l’accordo “in periodo antecedente e prossimo al 25 maggio 2014, giorno della tornata elettorale per l’elezione a Sindaco del Comune di Lonate Pozzolo”. Le difese argomentavano che l’illecito ipotizzato andava collocato in periodo ancora antecedente e, in particolare, a prima del 18 aprile 2014, data di entrata in vigore della legge modificativa del reato previsto dall’art. 416 ter. Dunque la norma di riferimento era quella previgente, con importanti conseguenze in tema di rilevanza penale del fatto.
La legge dopo le stragi del ’92
Il reato di patto di scambio politico mafioso è stato introdotto dal decreto legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito con modifiche in legge 7 agosto 1992 n. 356, nell’ottica di un forte contrasto alla criminalità mafiosa nell’immediatezza delle stragi
del ’92. Si voleva incriminare un fenomeno particolarmente allarmante ed espressivo della contiguità tra mafia e politica, consistente nel mercimonio dei voti in occasione delle tornate elettorali. Emergeva, invero, l’esigenza di prevenire la stipula di accordi tra le organizzazioni mafiose e gli esponenti politici candidati alle elezioni, accordi aventi ad oggetto la promessa di un appoggio elettorale in cambio di una utilità economica.
La formulazione originaria e gli scarsi risultati
Nella formulazione originaria, l’art. 416 ter c.p. prevedeva che “la pena stabilita dall’art. 416 bis c.p. si applica anche a chi ottiene la promessa di voti prevista dal terzo comma del medesimo art. 416 bis in cambio della erogazione di denaro”. Nel contempo, all’art. 416 bis, accanto alle tradizionali finalità caratterizzanti le associazioni di tipo mafioso, veniva aggiunta quella di “impedire od ostacolare il libero esercizio del voto o di procurare voti a sé o ad altri in occasione di consultazioni elettorali”
Nella interpretazione della norma, data dalla giurisprudenza, il soggetto attivo era il politico candidato alle elezioni che si fosse attivato nel senso indicato, mentre l’affiliato all’associazione mafiosa era già chiamato a rispondere per il delitto associativo. Rimaneva estraneo all’ambito della fattispecie il procacciatore di voti, ovvero il mediatore o il promittente. Sotto altro profilo, il contenuto illecito dell’accordo era limitato al baratto di voti con il solo denaro, senza ricomprendere ipotesi molto più frequenti nella pratica e inerenti lo scambio di favori.
La modesta efficacia repressiva della norma era evidenziata dal fatto il politico, appoggiato dalla criminalità organizzata, contraccambiasse non in denaro, di cui l’associazione mafiosa non aveva affatto bisogno, ma con altre utilità quale l’assegnazione di appalti, concessione di posti di lavoro, nomine ad incarichi politici e amministrativi. Proprio le difficoltà applicative, connesse alla formulazione della fattispecie, hanno indotto la giurisprudenza ad ampliare il riferimento all’erogazione di denaro anche ad altre contropartite che fossero economicamente apprezzabili ed immediatamente monetizzabili, quali forme di pagamento diverse dalla moneta, titoli, preziosi, valori mobiliari. Restavano comunque escluse tutte quelle utilità che potevano essere oggetto di monetizzazione solo in via mediata, tra le quali – per quanto di interesse – le nomine e/o le offerte lavorative. Si poneva poi l’ulteriore problema se l’utilizzo del metodo mafioso per il procacciamento di voti fosse requisito strutturale della fattispecie incriminatrice.
Il reato inizia con la definizione dell’accordo
Era, invece, orientamento consolidato che il momento consumativo andava individuato nella definizione dell’accordo, in un’ottica di anticipazione della tutela. Il reato ti scambio elettorale politico mafioso si perfeziona al momento delle reciproche promesse, indipendentemente dalla materiale erogazione del denaro o dalla effettiva realizzazione dell’accordo.
L’accettazione delle candidature nel giorno dell’entrata in vigore della nuova norma
Considerati i modesti risultati applicativi che la norma consentiva, si è giunti ad un profondo intervento di riforma della legge il 17 aprile 2014, entrata in vigore, senza il periodo di vacatio, il 18 aprile 2014. Il testo dell’art. 416 ter c.p. veniva così riformulato: “Chiunque accetta la promessa di procurare voti mediante le modalità di cui al terzo comma dell’art. 416 bis in cambio dell’erogazione o della promessa di erogazione di denaro o di altra utilità è punito con la reclusione da auattro a dieci anni”, ed al comma 2 “la stessa pena si applica a chi promette di procurare voti con le Modalità di cui al Primo comma.
La tesi delle difese sull’accordo precedente al 18 aprile 2014
E’ stata posta, da parte di tutte le difese, la questione della individuazione della data dell’ipotizzato reato, da collocarsi, nella menzionata prospettiva, in periodo antecedente al 18 aprile 2014, data di entrata in vigore della legge di riforma della
fattispecie incriminatrice 17 aprile 2014 n. 62.
In tal caso la norma applicabile sarebbe quella previgente alla modifica normativa con la conseguenza che la condotta descritta nell’imputazione costituirebbe di per sé un fatto penalmente irrilevante, giacché la norma puniva, come si è visto, esclusivamente
lo scambio elettorale di voti a fronte dell’erogazione di denaro e non, come nel caso di specie, di altro tipo di favori e/ o utilità, quale la nomina ad assessore comunale.
Il giudice afferma, poi, che sul piano logico è difficile ritenere che un accordo di scambio possa essere definito a ridosso della competizione elettorale ed è da considerare che la legge impone uno sbarramento temporale per la presentazione delle liste, giacché il Testo Unico per la composizione ed elezione degli organi delle amministrazioni comunali n. 570/1960, all’art. 28 ottavo comma e 32 ottavo comma, stabilisce (oggi come allora) che “le liste con le candidature devono essere presentate entro le ore 12 del trentesimo giorno antecedente la data delle votazioni”. Già in base a questo primo dato normativo è evidente che l’accordo deve collocarsi almeno 30 giorni prima della tornata elettorale, avvenuta il 25 maggio 2014, dunque in data antecedente al 25 aprile 2014. Il colpo ad effetto delle difese si inserisce proprio in questo passaggio producendo, un documento di fondamentale importanza. Si tratta del modulo di accettazione della candidatura, da parte di De Novara Francesca, avanti al funzionario del Comune di Lonate Pozzolo, datato 18 aprile 2014. Occorre evidenziare, tra l’altro, che è la stessa data dell’accettazione della candidatura del Sindaco di Rivolta e degli altri componenti di lista. Per il giudice testimonia, con certezza, la stipulazione dell’accordo in un’epoca antecedente alla data del 18 aprile 2014, giacché l’accordo deve necessariamente precedere l’inserimento della persona di interesse nelle liste elettorali.
Ed ancora il dato trova conferma nelle dichiarazioni rese dall’imputato Rivolta, nel verbale di interrogatorio avanti ai Pubblici Ministeri di Busto Arsizio, in data 19 luglio 2017, dichiarazioni ritenute pienamente credibili dalla stessa Procura e poste a fondamento dell’accusa. Nel ricostruire la vicenda l’ex-sindaco colloca l’accordo elettorale nei mesi di febbraio/ marzo del 2014, quando, dice, Peppino Falvo andò a trovarlo e gli disse che i De Novara avrebbero appoggiato la campagna elettorale, in cambio della nomina ad assessore della figlia Francesca.
Appare dunque chiaro, nonché provato per documenti, che il reato ipotizzato è stato consumato, al più tardi, nel marzo del 2014 e comunque in ogni caso in data antecedente al 18 aprile 2014 e alla entrata in vigore della norma modificata. Non si pone nemmeno un problema di successione di leggi penali nel tempo e di individuazione della disciplina più favorevole, giacché alla luce della consolidata giurisprudenza già sopra richiamata, sulla natura di reato di pericolo e a consumazione anticipata del patto di scambio, il fatto è interamente commesso sotto la previgente normativa.
Il giudice Tiziana Ugelli spiega anche perchè lo stesso reato non è riqualificabile come corruzione elettorale (sarebbe già prescritto) o come concorso esterno all’associazione mafiosa in quanto in quel periodo nessuno dei personaggi coinvolti è considerabile un appartenente all’associazione mafiosa. Casoppero, infatti, è stato considerato affiliato solo dal 2017 in poi mentre per gli altri non risultano procedimenti o condanne in tal senso. Anche i capi della locale di Legnano-Lonate Pozzolo in quel periodo erano tutti in carcere.
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