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A Gallarate verrà posata sabato 23 aprile la prima “pietra d’inciampo”
Il piccolo manufatto, inserito nel marciapiedi, ricorderà l'ultimo domicilio di Vittorio Arconti, oppositore del fascismo, deportato e assassinato dai nazisti per aver organizzato uno sciopero alla Comerio di Busto
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Dopo un percorso durato quattro anni, a Gallarate è giunto il momento della posa della prima delle “pietre d’inciampo” che ricorderanno tre vittime del nazifascismo in città: sabato 23 aprile sarà infatti posata la pietra che ricorda Vittorio Arconti, oppositore del regime, sindacalista, deportato dopo lo sciopero alla Comerio Ercole e ucciso al castello di Hartheim.
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Il percorso per arrivare alla posa delle “pietre d’inciampo” a Gallarate è stato portato avanti congiuntamente dalle sezioni cittadine dell’Anpi e dell’Associazione Mazziniana Italiana: oltre ad Arconti, le pietre (nate da un progetto internazionale dell’artista Gunter Demnig) ricorderanno anche Lotte Froelich Mazzucchelli e Clara Pirani Cardosi, due donne ebree, gallaratesi d’adozione, vittime della Shoah.
La pietra d’inciampo per Vittorio Arconti sarà posata sabato 23 aprile alle 11 in via Mameli angolo via Curioni: grazie alla collaborazione dell’Ufficio Anagrafe del Comune, Anpi e Mazziniana hanno potuto appurare che qui si trovava la casa dove viveva Arconti al momento dell’arresto e della deportazione (la casa è stata sostituita da un palazzo realizzato a inizio anni Cinquanta). Qui si terrà appunto sabato la cerimonia di posa.
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La posa della “pietra d’inciampo” ha un valore anche per Lonate Pozzolo – paese d’origine d’Arconti – e per Busto Arsizio, la città teatro della deportazione dei membri della commissione interna della Comerio Ercole, puniti per l’adesione allo sciopero per la pace e per migliori condizioni, nei primi giorni di gennaio 1944.
Chi era Vittorio Arconti
Nato a Lonate Pozzolo nel 1901, disegnatore residente a Gallarate, Vittorio Arconti s’iscrisse al Partito Comunista d’Italia fin dal 1922. Schedato come “comunista pericoloso”, Arconti nutriva profonda avversione per il regime, al pari del fratello Aronne. Fu proposto per il confino dopo la partecipazione, a Gallarate, a uno scontro per motivi politici, per cui subì una condanna a 20 anni di reclusione il 23 maggio 1927. Gli vennero comminati tre anni dalla commissione provinciale di Varese, poi ridotti a due anni in appello.
Dopo un periodo di detenzione nel carcere di Gallarate fu portato sull’isola di Ustica. Trasferito successivamente a Ponza, fu liberato il 4 maggio 1929. Fu sottoposto a continua sorveglianza e inserito nell’elenco di persone da fermare preventivamente in caso di particolari eventi (come avvenne, per esempio, in occasione della conferenza internazionale di Stresa, dal 9 al 15 aprile 1935). Il 25 giugno 1930 fu assunto dalla ditta Comerio di Busto Arsizio.
Promotore il 10 gennaio 1944 di uno sciopero per migliori condizioni di vita e per la pace, fu arrestato dalle SS il giorno stesso, in fabbrica, insieme agli altri membri della commissione di fabbrica. Deportato con cinque compagni, giunse a Mauthausen l’11 marzo 1944, registrato con il numero di matricola 56901, classificato come Schutzhaftling, “triangolo rosso”, vale a dire deportato per motivi di sicurezza. Trasferito a Gusen, muore il 29 novembre 1944 al campo del castello di Hartheim
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