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La Sinistra Italiana chiede di ristrutturare gli ospedali di Busto e Gallarate come presidi di primo intervento

Si dice non contraria alla costruzione di un nuovo presidio ma sostiene la realizzazione di diffuse strutture pubbliche sul territorio che prevedano la possibilità di una varia e decorosa assistenza non solo “di base”.

ospedale di busto

La Sinistra Italiana, sezione di Busto Arsizio, interviene sul tema dell’ospedale unico.

«Da cinque anni la maggioranza di destra della Regione Lombardia e dei Comuni di Busto Arsizio e Gallarate hanno deciso di chiudere gli Ospedali dei rispettivi territori per costruirne uno nuovo in località Beata Giuliana, al confine tra i due comuni ma sul suolo bustocco. La questione dell’Ospedale Unico suscita grandi interrogativi e impone profonde riflessioni di carattere etico e politico, alla luce soprattutto delle gravi lacune che il Sistema Sanitario regionale ha mostrato durante questi anni di pandemia.

La riduzione massiccia di posti letto, la cronica mancanza di personale, la chiusura di interi reparti nelle strutture pubbliche è diretta conseguenza delle politiche “aziendali” espresse da Lega-Forza Italia-Fratelli d’Italia negli ultimi anni, a tutti i livelli, votate al dirottamento degli investimenti verso la sanità privata e/o convenzionata. Il tutto a danno dei cittadini, costretti spesso a biblici tempi d’attesa per visite specializzate o di routine, se richieste in Ospedali pubblici.

Il caso di Busto Arsizio è eclatante: la dismissione di interi reparti, la fuga di medici e infermieri, le “prime” disponibilità di visite specialistiche fissate in date del tutto inaccettabili per una persona malata, rendono la situazione locale drammatica. Il risultato? Una persona fragile, oltre a dover sostenere il peso di una malattia, è costretto a rivolgersi a strutture private pur di curarsi, dovendo far fronte a una spesa economica cospicua e sovente insostenibili. Lo spettro, per molti, è quello di non poter permettersi una cura o una diagnosi in tempi ragionevoli.

La pandemia da Sars CoV-2 ha mostrato a tutta Italia il Re nudo. Il Sistema Sanitario lombardo è collassato sotto il peso dei più di 39.000 morti di Covid in regione, evidenziando la scelleratezza di politiche locali e regionali votate al mero profitto a scapito della salute (e della vita) dei suoi abitanti.

Noi vogliamo portare avanti la battaglia affinché sia tutelato l’articolo 32 della Costituzione che recita a chiare lettere: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività”. Diritto questo abbondantemente calpestato negli ultimi decenni di privatizzazioni selvagge.

Per questo chiediamo in primis che si proceda ad una seria valutazione per ristrutturare e ammodernare gli attuali ospedali di Busto Arsizio, Gallarate, Saronno e Somma Lombardo, aumentandone la capienza e potenziandone ogni servizio. Non siamo contrari, in via di principio, alla costruzione di un Ospedale nuovo con funzioni altamente specialistiche, ma insistiamo altresì col chiedere la formazione di presidi sanitari territoriali con funzioni di Primo Intervento venendo incontro così alla necessità -emersa durante la pandemia- di sanità territoriale a gestione pubblica, in collaborazione con le Associazioni di Volontariato e delle Amministrazioni Comunali (in quanto garanti della salute dei cittadini) e di un maggiore coinvolgimento dei medici di base. Gli Ospedali “vecchi” non vanno chiusi, vanno migliorati.

Chiediamo la realizzazione di diffuse strutture pubbliche sul territorio che abbiano funzione di Primo Intervento e che prevedano la possibilità di una varia e decorosa assistenza non solo “di base”.

È necessario inoltre riformare i Distretti, rendendoli molto più piccoli, riducendo così la popolazione di potenziali utenti: appare evidente come, allo stato attuale, questi Distretti elefantiaci siano ingestibili.

Per realizzare queste cose bisogna innanzitutto cambiare rotta a livello nazionale: non è assolutamente sufficiente lo stanziamento governativo di 6 miliardi nel prossimo triennio, più 2 miliardi legati al P.N.R.R., per finanziare le "Case della Comunità" in alcune zone del nostro Paese. È necessario assumere 30.000 medici e 40.000 infermieri che sono indispensabili per un  servizio sanitario efficace e decentrato, oltre che riconoscere economicamente e moralmente il personale sanitario che si è tanto prodigato in questi anni in uno “stato d’emergenza” ormai incistato.

È assurdo -e paradossale allo stesso tempo- che a livello regionale l'80% del bilancio finanziario venga speso per la sanità. In particolar modo quella privata, privilegiata da un centro-destra che sguazza nel fango del malaffare e della corruzione (Formigoni docet) e che ha nuovamente dato scandalo per la gestione della pandemia con la giunta del leghista Attilio Fontana.

Anche volendo sorvolare sul periodo straordinario segnato dal Covid, la sanità regionale lombarda con le infrastrutture private ormai maggioritarie rispetto a quelle pubbliche è sinonimo di inefficienza. Lo testimonia la classifica delle Regioni italiane in base ai “Livelli Essenziali di Assistenza” (LEA, cioè le prestazioni e i servizi che il Servizio sanitario è tenuto a fornire a tutti i cittadini con le risorse pubbliche): la Lombardia, dal 2012 in poi -secondo la Direzione generale della programmazione sanitaria del Ministero della Salute- riporta un punteggio che la colloca al quinto posto in Italia.

Bisogna commissariare la sanità lombarda, soprattutto dopo l’approvazione delle legge regionale del dicembre 2021 che ha peggiorato la situazione precedente. Si vuole ridurre ulteriormente il personale nei servizi di prevenzione, igiene ambientale e sanità pubblica; sono stati cancellati i distretti; i consultori ed i servizi di salute mentale risultano ampiamente sottodimensionati; le liste di attesa continueranno ad aumentare vertiginosamente. Inoltre i privati potranno gestire con autonomia presidi come le Case della Salute e gli Ospedali di Comunità estendendo la privatizzazione ai servizi territoriali.

Il peccato capitale è di aver consegnato la sanità in mano a manager d’azienda e di aver dimenticato di ascoltare chi nella sanità ci lavora ogni giorno. Davanti al bisogno di cure, troviamo odioso ogni genere di disuguaglianze. Ribadiamo con fermezza che il compito della cura dei cittadini deve spettare allo Stato, lontano dalle logiche speculative dell’azienda (sic!) sanitaria privata.

La costruzione di un Ospedale Unico sul territorio di Busto Arsizio e la contemporanea chiusura dei nosocomi esistenti penalizzerà inevitabilmente una grossa fetta di abitanti della zona e contribuirà, insieme all’effetto della nuova legge regionale e dei futuri interventi del PNRR, all’aumento delle discriminazioni nell’accesso servizi sanitari, che riguarda soprattutto soggetti fragili già vulnerabili.

Urgono investimenti per rafforzare la professionalità e le competenze del servizio sanitario pubblico. Noi siamo per il Servizio Sanitario Nazionale e Pubblico equo e universale. Quest’ultima legge regionale deve essere respinta anche per evitare di “lombardizzare” il Sistema Paese. Chiediamo il rispetto della legge 833/78 che prevede che la Repubblica tuteli “la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività mediante il servizio sanitario nazionale”. Chiediamo di cancellare il dominio incontrastato della sanità privata lombarda che sceglie i settori della medicina maggiormente remunerativi, speculando sulla salute dei cittadini a danno della collettività.

Sinistra Italiana sollecita tutto lo spettro politico e sociale progressista a prendere una posizione coraggiosa e lungimirante sulle questioni locali, regionali e nazionali in materia di Sanità, convinti che Salute e Prevenzione devono avere precedenza su tutto».

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 08 Aprile 2022
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