Con il nuovo codice della crisi d’impresa più flessibilità rispetto al passato

Dopo vari rinvii, entrerà in vigore il prossimo 15 luglio. Intervista a Paola Caprioli consigliere dell’Ordine dei commercialisti di Busto Arsizio

Economia varie

Il 15 luglio prossimo, dopo vari rinvii, dovrebbe entrare in vigore il nuovo codice della crisi d’impresa. Le novità sono molte in un impianto normativo che predilige, rispetto al passato, una visione conservativa dell’attività imprenditoriale. La nuova legge riforma infatti in modo organico la disciplina delle procedure concorsuali, con due obiettivi: da una parte consentire una diagnosi precoce dello stato di difficoltà delle imprese e dall’altra salvaguardare l’attività dell’imprenditore che si trova a fronteggiare una crisi generata da particolari contingenze. Gli esempi negli ultimi anni non sono mancati: dalla crisi finanziaria alla pandemia, fino al rincaro dell’energia che sta mettendo a rischio chiusura molte imprese. In particolare il legislatore, tra i nuovi strumenti, ha previsto una procedura di composizione negoziata della crisi.
«Questo nuovo percorso di emersione volontario e stragiudiziale di criticità nella gestione dell’impresa – sottolinea Paola Caprioli, consigliere dell’Ordine dei commercialisti di Busto Arsizio – se attivato in una fase precoce di indizi di crisi, ha maggiori possibilità di individuare soluzioni per il superamento delle tensioni finanziarie nei rapporti con i creditori e fornire cosi ulteriori chance per il risanamento e salvaguardia dell’attività svolta dall’impresa».

Dottoressa Caprioli, qual è la caratteristica principale di questo percorso di emersione?
«È uno strumento con maggiori flessibilità rispetto alle classiche procedure che prevedono l’intervento del tribunale. È da ritenersi particolarmente efficace, soprattutto alla luce di quanto è avvenuto in questi ultimi anni di pandemia, per far fronte alle possibili situazioni di difficoltà perduranti nella gestione economica e finanziaria delle imprese. Sono situazioni in alcuni casi ancora attuali per le note difficoltà che stanno attraversando le imprese a causa dal generalizzato incremento di costi di beni e servizi acquistati».

Ma questa maggiore flessibilità come si concilia con la tutela degli interessi dei creditori?
«La procedura di composizione negoziata della crisi, in prima battuta, presenta uno svolgimento con un percorso “stragiudiziale”, ma che nondimeno prevede una garanzia per gli interessi dei creditori nella presenza della figura di un professionista “esperto” nominato dall’organo istituito presso le Camere di Commercio competenti. Il ruolo dell’esperto nominato, interfacciandosi e collaborando insieme ai consulenti scelti dall’imprenditore, è la figura cardine che ha il compito di agevolare e facilitare le negoziazioni con i creditori dell’impresa per la salvaguardia della continuità dell’attività stessa e del risanamento».

Secondo i dati resi noti da Unioncamere, aggiornati al 1 aprile 2022,  il maggior numero di istanze presentate riguarda le misure protettive ex articolo 6. Che cosa rivela questa scelta?
«Quello relativo alla tipologia di istanze di accesso alla composizione negoziata della crisi d’impresa è un dato interessante perché indica come viene usato il nuovo strumento. Su un totale di 148 istanze presentate oltre il 60% richiedeva l’attivazione delle misure protettive e sospensive da possibili azioni di aggressione del patrimonio aziendale. Questo significa che lo strumento è stato attivato non in fase precoce di emersione di indizi della crisi, bensì, purtroppo, in fase di emergenza per l’azienda, essendo in quei casi già in corso azioni esecutive promosse da creditori. Un altro dato interessante è il numero di istanze che hanno riguardato gruppi di imprese, 9 su un totale di 148, segno che lo strumento è apprezzato da imprese e loro consulenti proprio perché in grado di colmare l’attuale lacuna di disposizioni, a cui in parte la giurisprudenza negli ultimi anni ha sopperito, per la disciplina della crisi nei gruppi di imprese. Solo con l’entrata in vigore del “Codice della crisi”, per i gruppi infatti sarà disciplinata dalla norma la procedura per presentare un unico piano o proposta di risanamento. Altro dato rilevante, sempre rispetto al totale delle istanze presentate, è che solo 43 soggetti hanno approcciato lo strumento compilando il test pratico previsto dal decreto attuativo della norma, mentre la compilazione del test pratico è stata prevista dal legislatore per supportare le imprese ad una preventiva e approfondita disamina della fase di “salute” in cui si trovano».

Che ruolo ha l’ordine professionale nella formazione dell’esperto?
Quali competenze sono richieste e che risposta avete avuto tra gli iscritti all’ordine dei commercialisti di Busto Arsizio?
«I professionisti del nostro Ordine hanno risposto positivamente mettendo a disposizione le proprie competenze per ricoprire quel ruolo. Ad oggi abbiamo ricevuto oltre 35 candidature, di cui 26 già iscritte nell’elenco della Camera arbitrale di Milano e le ultime in fase di iscrizione. I professionisti si sono impegnati in un percorso di formazione ad hoc della durata minima di 55 ore da svolgere in poco meno di due mesi, quindi con un rilevante impegno che è andato ad aggiungersi alle ordinarie attività professionali già calendarizzate nei nostri studi. Il corso che abbiamo seguito prevedeva approfondimenti in materie caratteristiche della fase di analisi della crisi e di percorsi di ristrutturazione, oltre che un importante approfondimento in tema di tecniche di mediazione per agevolare le fasi di negoziazioni stragiudiziali con i creditori dell’impresa e la risoluzione della fase di crisi. Ma come Ordine dei dottori commercialisti di Busto Arsizio riteniamo che il ruolo di noi professionisti non sia solo la messa a disposizione delle competenze per la figura di esperto, bensì farci promotore per la sensibilizzazione dei nostri clienti a dotarsi di strumenti di controllo e di analisi di gestione dell’andamento economico e finanziario. Quegli strumenti che il Codice della crisi definisce come gli adeguati assetti organizzativi, amministrativi e contabili, ovvero un cruscotto per governare e prevedere con dati e piani prospettici gli effetti di eventi interni ed esterni nella gestione dell’impresa».

Quali sono invece gli elementi critici dell’istituto della composizione negoziata?
«Certamente il fattore culturale. Nonostante alcune complessità nella fase di predisposizione della documentazione per le misure protettive, la scarsa applicazione sconta la mancanza di una cultura della prevenzione e della precoce emersione della crisi. Professioni quale la nostra di dottori commercialisti rivestono un ruolo cruciale per supportare il cambiamento culturale dell’imprenditore, che fino a oggi fatica a rendersi disponibile a prendere in considerazione l’adozione di questa tipologia di strumenti specifici per la ristrutturazione in fase di crisi, se non quando la situazione è già compromessa. A volte purtroppo irrimediabilmente. Questo il motivo per cui il ricorso ad un istituto che serve a comporre la crisi, diventa un rimedio “di ultima istanza“ e si inceppa nelle tempistiche imposte dalla procedura di composizione, come ad esempio per quanto riguarda le necessità di allegazione di documenti, tra cui il certificato unico dei debiti tributari e dei debiti contributivi che richiedono tempi di acquisizione non inferiori a 45-60 giorni».

Questo aspetto “culturale“ riguarda anche il rapporto con i creditori? «Certamente, in quanto l’imprenditore può temere che, accedendo allo strumento, i propri creditori, primi fra tutti gli istituti bancari, una volta venuti a conoscenza dell’attivazione si irrigidiscano nelle relazioni commerciali, creando in questo modo un maggior ostacolo nella negoziazione delle posizioni».

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 30 Maggio 2022
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