Processo a Varese per l’incendio che mandò in fumo 5 ettari di bosco del Villaggio Olandese
Impugnato il provvedimento amministrativo che impone il pagamento di 90 mila euro di multa per il rogo che due anni fa mise in allarme Forestali e vigili del fuoco. Sentito in aula il “sindaco” del Villaggio
Oggi, passati due anni, i segni sul terreno sono del tutto rimarginati nei boschi di castagno tra Brezzo di Bedero e Brissago Valtravaglia (ma nel territorio del primo Comune), luogo incantato a pochissima distanza dal Villaggio Olandese composto da centinaia di casette col tetto spiovente amate da turisti d’Oltralpe.
Ma quella mattina dell’11 febbraio 2020 in tanti se la sono vista brutta per le fiamme, il fumo, e l’incendio alimentato da un vento terribile, che non lasciava tregua ai diversi vigili del fuoco e carabinieri forestali, e poi volontari «Aib» (nella foto d’apertura. Sotto: Forestali e vigili del fuoco che fanno il punto) arrivati sul posto per domare le fiamme arrivate a poca distanza dalle case. Per quell’incendio c’è oggi a processo un uomo di 72 anni proprietario di un vasto fondo boschivo che confina col Villaggio: ha acquistato anni fa quell’appezzamento boschivo che ospita la prima “prova” delle casette olandesi, una costruzione che fece da test per tutte le altre che ora hanno colonizzato gran parte della collina che sovrasta il Lago Maggiore. Un piccolo angolo di paradiso che se il vento avesse soffiato in direzione contraria sarebbero state in serio pericolo. Secondo l’accusa da quel fondo sono partite le fiamme che hanno divorato cinque ettari di bosco minacciando le case (ma fuori dal Villaggio Olandese) di numerosi turisti tedeschi, olandesi e svizzero tedeschi che persino con la canna dell’acqua cercarono di limitare le fiamme, raffreddando la vegetazione.
Una delle proprietarie del cottage che quella mattina venne avvolto dal fumo ha testimoniato oggi in aula e ha raccontato la sua versione dei fatti, preceduta da un carabiniere in forza all’aliquota forestale di Luino che ha confermato la presenza di «bracieri» nel sottobosco, intendendo con questo termine i punti di innesco rappresentati in questo caso probabilmente da cataste di fascine date alle fiamme per distruggerne il volume, falò trasformatosi da fuoco controllato a incendio per via del vento: questa l’ipotesi accreditata anche dal terzo testimone che è stato ascoltato in aula, vale a dire il custode («ma mi sento un po’ come il sindaco del paesino», ha spiegato Marco Gussoni) del Villaggio, che aveva notato nei giorni precedenti e tempo addietro al rogo quelle cataste di legname che vengono di solito fatte per operare lavori forestali e disfarsi del superfluo: «Certo – ho pensato – con quel vento, poteva essere pericoloso», ha spiegato dinanzi al giudice Andrea Crema nel rispondere alle domande della pm Arianna Cremona.
A sentire i difensori avvocati Paolo Bossi e Pierpaolo Fusco quanto pare l’imputago era abilitato dal Comune a poter eseguire una serie di lavori di regimentazione forestale consistiti nel taglio di alcune conifere e nella sistemazione dell’intricato sottobosco, trasformato in una sorta di ordinata selva castanile, «tuttavia nel processo non vi è alcuna perizia comprovante la partenza dell’incendio dai bracieri presenti nel fondo del nostro assistito, fondo peraltro raggiungibile da chiunque e spesso impiegato da molti sportivi e appassionati di soft-air la disciplina che simula un combattimento a fuoco sfruttando armi che sparano pallini di vernice», hanno spiegato gli avvocati a margine dell’udienza, aggiornata a settembre per l’escussione di una teste in lingua tedesca con traduttore oggi assente. La sanzione amministrativa di 90 mila euro comminata dai carabinieri forestali è stata impugnata sempre dai difensori che nelle prossime udienze punteranno a far ascoltare al giudice anche lo stesso imputato.
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