Marco Bencivenga:”La Provincia di Cremona guarda al futuro grazie al sostegno di editori speciali”

Il direttore de "La Provincia di Cremona" racconta l'evoluzione dello storico quotidiano, avvenuta grazie all'associazione liberi agricoltori, suo editore dal 1947. Che ha saputo investire anche nelle nuove tecnologie

Marco Bencivenga, direttore della provincia di Cremona

In occasione dell’edizione 2022 di Festival Glocal, VareseNews ha deciso di fare una ricognizione sulla stampa locale lombarda, intervistando i direttori di diverse testate impegnate nel racconto delle comunità e dei territori.

Marco Bencivenga è direttore de La Provincia di Cremona dal 16 febbraio 2019. Bresciano, ha assistito dalla sua posizione di responsabile della testata all’arrivo del Covid ma anche a una grande ristrutturazione del giornale che l’ha portato verso la modernità e il digitale. Grazie a degli editori che ancora “ci credono” molto, i suoi 22 redattori possono ancora guardare al futuro con serenità, cercando di coinvolgere anche le nuove generazioni.

Com’è la situazione del vostro giornale?
«Meglio del mercato, fortunatamente, malgrado la situazione difficile dell’intero settore – Spiega Bencivenga – Noi però abbiamo la fortuna di avere un editore particolare: è l’unico giornale di proprietà di una associazione di agricoltori, che si chiama SEC e fa capo alla libera associazione agricoltori di Cremona. È incredibile l’attaccamento che hanno sia gli editori che i cittadini  nei confronti della testata. Io sono qui da tre anni e mezzo, certe situazioni le ho solo ereditate: ma la Provincia qui è una istituzione. I primi tempi mi colpiva come fossi considerato un’autorità istituzionale, alla pari del Prefetto e del Questore, ma è cosi. Quello che dice la Provincia fa la differenza, qui».

In che senso fa la differenza? Qual è l’importanza della testata?
«L’indice di penetrazione dei giornali è un dato poco utilizzato ma molto interessante per definire l’importanza dei giornali locali: se si dividono le copie del mio giornale per i cittadini della zona si ha un indice di penetrazione ben più alto dei principali giornali nazionali. E se anche i grandi inserzionisti capissero la differenza di quello che spendono in una pagina di un “giornalone” nazionale e quello che gli renderebbe una pagina di un quotidiano, la distribuzione pubblicitaria sarebbe un po’ diversa, probabilmente».

E’ un giornale storico: come si sta approcciando alla modernità e al digitale?
«Come dicevo, la nostra fortuna è avere degli editori che credono fermamente nel giornale: e in questi ultimi anni è stato possibile ristrutturare la sede, dotarla di nuovi hardware e investire seriamente nella parte digitale, con una nuova struttura ideata da Gianluigi Cavallo. Una trasformazione avvenuta negli ultimi due anni che è ancora in continua evoluzione anche grazie alla capacità di analisi che hanno le pagine sul sito e sullo sfogliatore, cioè quello che permette di leggere la copia cartacea on line. Una possibilità che mi piacerebbe fosse applicata alla carta, incrociando i dati della diffusione con dati giornalistici. Ora sono riuscito ad ottenere uno strumento che mi permette di analizzare capillarmente quanto il giornale sia venduto in un determinato paese, giorno per giorno: una richiesta che ho fatto al fornitore il quale mi ha confessato che sono stato il primo a domandarlo, e ora lo sta proponendo come modello ad altri editori. Al momento quindi io posso fare una verifica del digitale in tempo reale, e del cartaceo fino al giorno prima. Un investimento di cui il nostro editore ha capito l’importanza, anche se non è specializzato in editoria. Noi partivamo dalle caverne con il digitale: ora nella chat di redazione condividiamo i dati, cosi tutti si sono abituati ad avere un feedback del loro lavoro. Un modo per capire quanto un titolo faccia la differenza sul digitale ma, trasferendo il know how, anche sul cartaceo. Perchè il digitale può dare indicazioni sui lettori, anche se si tratta di due mondi ancora separati, e per farlo i dati servono».

Anche in questo mondo digitale il giornalismo locale va considerato una risorsa. Perchè secondo lei?
«Per una serie di ragioni: innanzitutto perchè c’è ancora un senso di identità territoriale cui il giornale da un peso, sia per le grandi tematiche sia per quello che sembra in disuso. Noi teniamo ancora, per esempio, una pagina dedicata al dialetto cremonese, che è molto apprezzata. Poi perchè ha un ruolo di servizio: tante notizie utili le apprendi dal giornale, soprattutto considerato che noi abbiamo un lettore molto in là con l’età, anche perchè la nostra è una provincia “In là con l’età”. Qui c’è una concentrazione di case di riposo superiori alla media, e i dati del covid lo hanno mostrato: Cremona è una delle prime province d’Italia per tasso di mortalità covid, proprio perchè aveva una popolazione fragile. Non è automatico però che questa tradizione così radicata nella popolazione attuale si trasferisca ai giovani: la sfida vera, per noi, è quella».

Come la state affrontando?
«Ci stiamo dando da fare. Per esempio, noi teniamo un concorso dal titolo “diritto di critica” sugli spettacoli del Teatro Ponchielli: i ragazzi scrivono recensioni, noi le pubblichiamo on line, e i più votati ricevono un premio dai lettori e da un pool di specialisti. Tanto per dire, il mio attuale critico teatrale ha vinto il premio due anni fa, e ora ha 21 anni. È molto giovane, soprattutto per la media dei critici teatrali: ma era bravissimo, e non ce lo siamo fatti scappare».

Quale limite sta vivendo il giornalismo locale?
«Penso che il limite non sia uguale in tutti i giornali, ognuno ha il suo. Il mio sono le braccia: l’ultimo anno abbiamo fatto una media di 57 pagine al giorno in una redazione di 22 redattori. Vedo testate che devono riempire meno pagine con redazioni doppie. È vero che poi conta la rete dei collaboratori, ma con una redazione piccola non è possibile, per esempio, permettersi troppo spesso di fare un’inchiesta».

E quello economico?
«Il fatto di essere un riferimento importante sul territorio ci ha permesso di non abbassare le tariffe della pubblicità, e questo è molto importante. Ma abbiamo anche fatto sul digitale la scelta di rinunciare alla pubblicità che “impesta” i siti. Ora anche sul digitale abbiamo solo inserzionisti locali, stando anche attenti a posizionarli. Rinunciando a quelle pubblicità “da discount” che garantivano un fisso di bassa qualità, abbiamo aumentato considerevolmente il gettito sul digitale: il che significa che la scelta di avere una informazione qualificata e il sito pulito è stata capita, e noi alla fine i bilanci li abbiamo in attivo».

Qual è, nel suo giornale, la relazione tra il locale e il globale?
«Spesso la maggior parte dei nostri utenti è su Milano: lo abbiamo scoperto proprio con la lettura digitale. Cosa intercettiamo? Di sicuro pendolari, ma anche persone che ci prendono come riferimento. nel momento in cui le parlo ci sono 1290 persone sul sito, di cui 374 solo da Milano. Ma sempre il sito ci mostra le sue lucine attivate in Brasile, a New York, a Parigi: qui i lettori chi sono? Persone che si sono spostate all’estero, o che sono interessati alle nostre attività, o che hanno parenti che vivono qui? Queste lucine dicono che Cremona è una città del mondo più di quanto sappia, perchè è una realtà che non sa comunicare ma ha delle eccellenze straordinarie: in città ci sono 170 botteghe di liuteria, e metà di quelli che ci lavorano arrivano da tutto il mondo. Crema è la capitale delle creme, della cosmesi: sono leader mondiali della produzione per conto terzi e molti guardano alla nostra produzione. Nella mentalità cremonese però non c’è l’abitudine di promuoversi: cosi abbiamo ideato, con la collaborazione delle associazioni imprenditoriali, un magazine gratuito mensile per parlare del bello della nostra economia».

Come vivete il rapporto con la vostra comunità di riferimento?
«Come le dicevo ora abbiamo una sede importante: così, se scriviamo qualcosa di sbagliato, vengono addirittura da noi: bussano e ce lo dicono direttamente. Ma ci sono anche episodi teneri: in pandemia delle signore ci hanno portato le mascherine realizzate da loro per tutti noi. Noi abbiamo anche due redazioni periferiche, una a Casalmaggiore e una a Crema, perchè la provincia demograficamente non è grande ma geograficamente si, cosi le abbiamo mantenute. Prima erano periferiche in tutti i sensi, non c’era un contatto costante, ma la pandemia ha cambiato le cose: banalmente li abbiamo coinvolti in zoom, e ora facciamo tutti insieme le riunioni mattutine».

 

La Provincia di Cremona è nata il 27 aprile 1947, figlia di un bisettimanale che aveva visto la luce nel 1879 con il nome di “Corriere di Cremona” diventato nel 1883 quotidiano. Quel giornale usci fino al 1923, anno in cui il fascismo ne interruppe la pubblicazione. La S.E.C., Società Editoriale Cremonese s.p.a., proprietaria de “La Provincia” è espressione della Libera Associazione Agricoltori Cremonesi. Proprio agli agricoltori si deve il ritorno in edicola del quotidiano nel dopoguerra.
“La Provincia” ha una redazione centrale a Cremona e due sedi periferiche a Crema e a Casalmaggiore e nella sua versione cartacea pubblica due edizioni distinte: una per Cremona, l’altra per Crema. I lettori del giornale cartaceo arrivano alla bassa bresciana e nel mantovano. Inoltre, uno dei comuni dove sono vendute più copie è Castelvetro Piacentino, comune in Emilia Romagna a pochi chilometri da Cremona.

Stefania Radman
stefania.radman@varesenews.it

Il web è meraviglioso finchè menti appassionate lo aggiornano di contenuti interessanti, piacevoli, utili. Io, con i miei colleghi di VareseNews, ci provo ogni giorno. Ci sosterrai? 

Pubblicato il 03 Novembre 2022
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