A che punto è la ratifica dell’accordo sui lavoratori frontalieri
Per entrare in vigore al primo gennaio del 2023 l'iter di ratifica dovrebbe concludersi entro fine anno. Il Consiglio dei Ministri ha già approvato il testo che ora è oggetto di esame al Senato
Torna di attualità, con la chiusura del 2023, l’accordo tra Italia e Svizzera che riguarda la tassazione dei lavoratori frontalieri. Si tratta di oltre 70mila lavoratori italiani che ogni giorno varcano il confine elvetico per lavoro. Nei giorni scorsi, poco dopo la visita di Stato del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella a Berna, durante la quale il presidente della Confederazione Elvetica, Ignazio Cassis, ha toccato anche il punto dei lavoratori italiani, i Comuni italiani di frontiera si sono espressi chiedendo che questo tema resti prioritario.
Ma a che punto è l’accordo e quando potrà entrare in vigore? Dal punto di vista dell’iter, giovedì scorso il Consiglio dei Ministri ha approvato il testo del disegno di legge che ora dovrà essere convertito in Legge dal Parlamento. Questo passaggio è necessario affinché il nuovo accordo fiscale entri in vigore. Al Senato le Commissioni riunite 3ª e 6ª (Affari Esteri e Difesa) e 6a (Finanze e Tesoro), martedì 29 novembre, hanno avviato l’esame del disegno di legge n. 108 di ratifica Accordi Italia-Svizzera lavoratori frontalieri e doppie imposizioni. Hanno riferito alle Commissioni riunite i senatori Spagnolli (3ª) e Borghesi (6ª).
Per poter entrare in vigore il primo gennaio 2023, come era nei piani, la ratifica dovrebbe concludersi entro la fine dell’anno. In una sintesi del punto della situazione, pubblicata da Andrea Puglia, direttore dell’Ufficio Frontalieri del sindacato svizzero Ocst e tra i maggiori esperti su queste tematiche, si ricorda che nel testo dell’accordo «sono già state accolte le proposte che il sottoscritto aveva esposto a nome del sindacato lo scorso 8 marzo, insieme all’Associazione Comuni Italiani di Frontiera (ricordiamo i principali contenuti qui, ndr), a margine dell’audizione che ci era stata concessa dal Senato stesso. Le principali sono: – la franchigia di 10’000 euro – la deducibilità degli assegni familiari svizzeri – la deducibilità dei contributi legati ai prepensionamenti – altre garanzie di dettaglio che riguardano il finanziamento dei Comuni di frontiera».
Ricordiamo che l’accordo va a definire il quadro giuridico, “tenuto conto dell’attuale contesto economico e di mobilità tra l’Italia e la Svizzera” volto ad eliminare le doppie imposizioni sui salari, gli stipendi e le altre remunerazioni analoghe ricevuti dai lavoratori frontalieri. A differenza del precedente accordo del 1974, che regola unicamente il trattamento dei lavoratori frontalieri italiani che lavorano in Svizzera, il presente Accordo disciplina anche il trattamento dei frontalieri svizzeri che lavorano in Italia.
«L’iter di ratifica – conclude Puglia – però non si è ancora concluso e al momento non è dato di sapere se lo sarà per la fine dell’anno (in tal caso l’Accordo entrerebbe in vigore già con il primo gennaio 2023) o se sarà necessario un tempo maggiore. Un nota bene finale per mettere fine alle voci terroristiche della disinformazione amatoriale: la clausola per i “vecchi frontalieri” NON è in discussione. Essa è contenuta nell’Accordo già firmato con la Svizzera, pertanto non è modificabile da parte del Parlamento italiano. Giusto per sfatare gli allarmismi di chi ci ha scritto che la clausola non esiste in quanto non contenuta nel testo del DDL». Su quest’ultimo punto si era espresso anche il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, che proprio a Varese ha ricevuto la scorsa settimana il ministro delle finanze svizzero Ueli Maurer.
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