Tredici anni senza un colpevole, il tribunale archivia il caso dell’omicidio del benzinaio di Gorla Minore
Il benzinaio 68enne fu ucciso dopo una rapina nel suo distributore a Gorla Minore nel febbraio del 2010. Da allora le indagini non hanno prodotto risultati
Dopo 13 anni il Tribunale di Busto Arsizio ha deciso di archiviare il caso dell’omicidio di Angelo Canavesi, il benzinaio di Gorla Minore ucciso durante una rapina nel suo distributore di carburante nel 2010. Da allora le indagini non hanno mai portato all’individuazione del possibile colpevole.
A dare la notizia sui social è stata la sorella Donatella con un post: «Ciao fratellone, oggi ho appreso la notizia che dopo 13 anni il tuo caso è stato archiviato. Me lo aspettavo prima o poi, ma è comunque triste e doloroso sapere che nessuno pagherà per la tua morte ingiusta. Nessuno pagherà per averti tolto la vita e fatto sprofondare in un ergastolo di dolore tutti quelli che ti amavano e ti amano ancora. Ogni anno la speranza si affievoliva, ma c’era. Del resto sappiamo che coloro che hanno condotto le indagini per risolvere il caso, hanno fatto tutto il possibile e anche più. Perciò io mi sento in dovere di ringraziare tutti. E poi non è detta l’ultima parola, la vita è imprevedibile e quando meno te lo aspetti ti presenta il conto. Intanto io continuo a ricordarti, a ricordare il tuo splendido sorriso, a ricordare quanto amavi la vita, a ricordare tutte le tue passioni, continuo a parlarti come fossi nell’altra stanza, a portarti con me nella nostra amata Valle e a guardare il mondo anche per te. E ogni soffio di vento immagino sia una tua carezza. Ciao fratellone ti voglio un mondo di bene. Dai un bacio a Mamma e Papà ed ora anche ad Angela».
Angelo Canavesi aveva 68 anni e fu ucciso la mattina di lunedì 22 febbraio 2010, poco dopo aver svuotato la cassa della colonnina del distributore automatico. Erano da poco passate le 7 quando un uomo lo ha seguito nel gabbiotto e lo ha freddato con due colpi di pistola ravvicinati alla mano e al fegato, forse al culmine di un disperato tentativo di disarmare il rapinatore.
Nel distributore di via Monte Grappa non c’erano telecamere che avrebbero potuto riprendere la scena e fornire almeno qualche indizio così come non si sono trovati testimoni, vista l’ora a cui è avvenuto il fatto. Tutti elementi che hanno giocato contro le indagini e con il passare degli anni non sono serviti nemmeno le varie comparazioni con il dna ritrovato per risalire alla mano che ha sparato.
Da quella vicenda, però, è scaturita una battaglia politica che ha portato ad un provvedimento legislativo che obbliga tutti gli impianti di erogazione del carburante alla videosorveglianza.
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