“Bullismo e cyberbullismo: aggressore e vittima sono entrambi espressione di una fragilità”
In occasione del "Safer day", la dottoressa Ferrario, primario della Neuropsichiatra infantile di Gallarate, spiega il grave fenomeno e dà qualche consiglio per intervenire
In occasione della giornata contro il bullismo e il cyberbullismo (Internet saper day), l’Asst Valle Olona pubblica un approfondimento con le parole della Dott.ssa Mariarosa Ferrario, Dirigente Medico Neuropsichiatra – Responsabile dell’Unità Operativa di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza del Presidio Ospedaliero di Gallarate
Il bullismo è un fenomeno complesso, ancora troppo frequente, determinato dall’intreccio di variabili sociali, culturali, psicologiche.
Si riferisce a un comportamento aggressivo, violento e intenzionale, ripetuto nel tempo, nei confronti di persone considerate deboli. Può essere opera di un singolo o di un gruppo di individui. E ‘ caratterizzato dalla perseverazione e dalla asimmetria ossia uno sbilanciamento di potere dove una parte prevarica e l’altra subisce.
Può esprimersi in diverse forme:
- psicologica (esclusione, maldicenze)
- verbale (minacce, insulti)
- fisica (aggressioni, danneggiamento di oggetti ..)
L’uso delle nuove tecnologie di comunicazione del mondo virtuale ha dato forma a nuove modalità di aggressione che prendono il nome di cyberbullismo. E’ una forma di bullismo che avviene senza il contatto corporeo, spesso in anonimato, include insulti e minacce veicolati dalla messaggistica, dai social network o attraverso diffusione di foto, testi, filmati denigratori.
Il bullismo riguarda entrambi i sessi e non è strettamente legato alla classe sociale.
Aggressore e vittima sono entrambi l’espressione di una fragilità. Bambini e ragazzi bulli, sono spesso il risultato di storie di vita problematiche o di contesti carenti sul piano educativo ed affettivo. Esprimono con il loro comportamento una vulnerabilità, la paura di rimanere ai margini della società, la richiesta di attenzione e visibilità. Essere popolari, avere successo, sembrano oggi bisogni irrinunciabili mutuati da stereotipi vigenti veicolati attraverso i media. Bambini e ragazzi crescono in una società che promuove la competizione, il successo personale, l’individualismo, chiede di essere performanti. Ne è l’espressione un fenomeno preoccupante che sta spopolando sui social , il “body shaming”: pratica di offendere qualcuno per il suo aspetto fisico.
Molto spesso le storie di bullismo si consumano nel silenzio perché le vittime subiscono senza dire per timore di ulteriori ripercussioni, ma le ferite fisiche e psicologiche possono avere importanti ripercussioni sulla crescita, la vita quotidiana dei ragazzi, la loro salute.
Bambini e ragazzi vittime possono manifestare disturbi d’ansia, depressivi, difficoltà a frequentare la scuola, ritiro sociale, disturbi del comportamento alimentare, disturbi psicosomatici , alterazioni del sonno, autolesionismo, problematiche in costante aumento nei servizi di neuropsichiatria.
E allora cosa fare?
I ragazzi e le ragazze hanno bisogno di essere ascoltati/e dagli adulti di riferimento, genitori, insegnanti.
Sia il bullo che la vittima necessitano di aiuto. I genitori del bullo devono fermarsi ad accogliere il disagio che ha portato il loro figlio/a a diventare un aggressore. Anche i genitori della vittima devono fermarsi per poter ascoltare la sofferenza dell’umiliazione, del sentirsi impotenti e poter infondere nei loro figli la speranza che potrà esserci un futuro diverso. E quando le situazioni diventano complesse bisogna farsi supportare da specialisti del settore che possano accompagnare la crescita dei minori e delle loro famiglie.
Negli ultimi anni si sono sviluppate molte campagne di prevenzione e di sensibilizzazione, ma ancora non basta.
Il contrasto al bullismo passa attraverso un percorso di condivisione che coinvolge la scuola, le istituzioni, la famiglia, i minori stessi. L’informazione non basta, è necessario coinvolgere i bambini e i ragazzi nel processo di cambiamento attraverso esperienze che tocchino la vita emotiva del singolo e del gruppo.
Promuovere la cultura della differenza, dell’insuccesso, aumentare la capacità di comunicare, di esprimere sentimenti ed emozioni. Ascoltare le storie delle vittime e provare a immedesimarsi in ciò che prova chi si sente aggredito, fare esperienze di aiuto verso i più deboli, di collaborazione fra pari con il coinvolgimento di tutto il gruppo classe possono essere strategie di aiuto.
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